venerdì 31 dicembre 2010

BUON ANNO ...

fae Pictures, Images and Photos
Un altro anno scivola verso 
l'imbuto del nulla, accompagnato dal frastuono dell'allegria o dal silenzio della disperazione.
Uno stappare desideri e un rinchiudersi in silenzi dolorosi.
Un grande caos dove su tutto prevale la consapevolezza del tempo che fugge.
Un tirare le somme dei giorni andati e scoprire che a ogni girare di pagina il quaderno si assottiglia, fa paura  vedere accanto a te tanti libri chiusi.
Vite conosciute da sempre, oppure appena sfiorate da un sorriso che ti rimane dentro.
Già, la forza di un sorriso che ti accoglie e che ti fa sentire la benvenuta, gli auguri di ogni natale e il ricordarsi di te al tefono già al tuo saluto.
In famiglia usiamo tutti gli occhiali e andare dall'ottico è cosa consueta, Mara deve portare anche delle lenti a contatto particolari che vanno cambiate ogni 6 mesi e poi l'altro giorno gli si sono rotti pure gli occhiali.
Naturalmente andiamo sempre dallo stesso ottico, sono anni che andiamo in via Corsica a Brescia e tante volte Mara ci va da sola ma ieri dietro sua richiesta l'ho accompagnata.
Così ho deciso che era giunta l'ora di rifarmi gli occhiali.
Veramente è da un pò che lo volevo fare, ma  per pigrizia continuavo a rimandare.
Entrando in negozio ho avvertito subito l'assenza del sorriso di Enrico, al suo posto un altro ragazzo, cercavo la sua voce dietro la porta del laboratorio ma non l'ho percepita.
Ho chiesto di Enrico mai pensando all'ovvità della risposta, era partito.
Come partito, pensavo dentro di me, sembrava talmente a suo agio dove stava, lì in quel piccolo mondo fatto di lenti montature e persone.
Persone a cui chiedeva sempre qualcosa di loro con un sorriso che arrivava al cuore, una gentilezza lieve, fatta di frasi semplici e dolci, uno sguardo che ti avvolgeva e ti rendeva "visibile" veramente.
Come partito, pensavo mentre seguivo il dottore nel suo studio per la visita, partito per le ferie?
Odio le visite oculistiche, tutte quelle lenti, quelle parole sempre le stesse " così va meglio?"
" e ora?"
"se tolgo questa e metto quest'altra, vede meglio?"
Una tortura, alla fine che importanza ha se vedo meglio su sfondo rosso o su quello verde?
Alla fine ci siamo riusciti, ma il mio sollievo si è tramutato in stupore e poi in dolore.
Piano, con gentilezza il dottore mi ha messo una mano sul braccio e guardandomi con un dolore infinito mi ha informato che Enrico se ne era andato in aprile, infarto.
Un dolore grande è esploso dentro me,  il viso di Enrico, il suo sorriso e la sua voce invadevano ogni mia emozione trasformandosi in lacrime.
Come è possibile piangere per una persona che si è visto solo 20 o più volte?
Si, è possibile se quella persona riusciva a farti sentire bene, se quando arrivavi ti accoglieva con gioia, se ricordava il tuo nome, se al telefono non dimenticava mai di chiederti come stavi.
Ecco io voglio che ci sia Enrico quando entro, mi fa stare bene, sciegliere le montature con lui è un'avventura, riusciva a farmi provare delle cose assurde che mai avrei messo ma che  ci facevano divertire.
Come si può lasciare andare una persona?
La montatura l'ho scelta con il dottore, poche prove, pochi minuti, non c'è stato divertimento, una bella montatura senza anima.
La vita continua e il dolore va ricacciato in quell'imbuto fatto di tempo e di niente, i sorrisi vanno avvolti in ricordi e bagnati di lacrime per tenerli ancora un pò con noi.
Buon anno vita, buon anno a chi sa sconfiggere la morte.
Buon anno a chi sa sorridere e restare anche solo per un attimo o per l'eternità nel cuore di chi ancora sogna.
Buon anno a chi ancora crede che veramente domani sarà diverso.
Buon anno a chi sa già che domani sarà come ieri e come oggi.
Buon anno a me che mi porto dentro quel sorriso e so che sono una persona fortunata solo per averlo conosciuto.
Buon anno a chi lo piangerà ricordandolo con un sorriso.
Buon anno a chi urlerà non avendo nessuno da ricordare.
Buon anno a tutti ....


 

domenica 19 dicembre 2010

L'ANGELO DI NEVE

Angeli Pictures, Images and Photos

Noemi si attaccò di più al calorifero, sorrise sentendo la schiena premere contro il ferro caldo, il suo posto preferito.
Seduta sul  piccolo sgabellino fatto a mano dal  suo amico Alfredo, suo rifugio nel freddo inverno quando guardava la televisione, alzò la valvola al massimo beandosi del caldo intenso che dilagava nel suo corpo.
Guardò senza interesse il programma, niente di speciale, le solite pagliacciate di politica e cambiò canale, era solo in attesa.
Attesa fatta di normali cose e pensieri, una vita ordinaria, lei lo sapeva da sempre.
Forse aspettava Godot, forse no, alzò lo sguardo e restò stupita, mille e mille fiori di neve danzavano fuori dalla finestra.
La gioia la rese stanca, quasi fosse una colpa ammettere la sua voglia di voler creare ancora angeli di neve.
Quanti angeli erano nel suo cuore,  tutti sciolti nel sole sporco della vita, quanti angeli senza ali aveva visto, racchiusi in vasetti e buttati come immondizia.
Si scosse e uscì a portare briciole per i suoi amici alati, la neve turbinava attorno a tutto, rendendo il tutto bello.
Sorrise vedendo lungo la via gli alberi di natale spogli di neve, il calore delle luci non permetteva alla neve di fermarsi su quei rami finti.
Ecco dov'era la verità!
Tu puoi fingere ma non puoi fingere per sempre.
Un altro anno scivolato via senza lasciare traccie se non sul suo viso, piccole rughe che davano al suo sorriso un che di malinconia.
Lo specchio catturò il suo sguardo e come sempre la sconosciuta le sorrise.
La neve scendeva a fiocchi larghi, con una calma dolce e forte, Noemi uscì fuori, come una bimba aspettò a bocca aperta di essere saziata da tutto quel bianco.
Il silenzio cantava e la perfezione di quell'attimo la fece quasi piangere, era felice, felice felice, si sdraiò piano sulla neve e guardò il cielo.
Scoppiò in una risata forte immaginando i suoi vicini che la spiavano dalle finestre, si vide stesa quasi sulla strada a fissare un cielo fatto di mille farfalle bianche, la risata esplose ancora più forte.
Stava benissimo, piano piano iniziò a muovere le braccia, voleva un angelo perfetto, un angelo da ricordare e portare nel cuore per sempre, se esisteva il sempre naturalmente ...
Aprì gli occhi e non si stupì della mano tesa verso di lei, prese la mano e si lasciò sollevare e si trovò tra le braccia dell'amore.   


 

mercoledì 8 dicembre 2010

BASTA NATALE .......

Tifa Lockheart, Final Fantasy 7 Pictures, Images and Photos E come ogni anno immancabile arriva il natale.
Come ogni anno le vetrine diventano un invito al consumo e la cassetta della posta è intasata da richieste di denaro.
Tutti diventiamo più buoni, tutti in questo periodo diventiamo consapevoli di chi soffre.
Quanta ipocrisia mascherata alla buona.
Come se alle nostre coscienze bastasse un mese per redimersi, e poi no, che dico?
Non voglio entrare in questo giro, mi spiace ma scendo.
Da sempre il natale mi lascia indifferente, non credo al suo buonismo.
Ricordo ancora il pacco dono che prendevo a natale tra gli applausi della gente ricca che elargiva la pietà attraverso il sindaco, che naturalmente declamava tanta generosità.
Ricordo la mia vergogna e il mio non volere stare su una specie di palco a testa bassa ad ascoltare quanto ero fortunata ad avere una bambola di cui proprio non me ne fregava niente.
Quello che volevo era un lavoro per mio padre, era poterlo vedere ogni sera contento e non vederlo piangere quando il negoziante stufo del continuo scrivere sul libretto azzurro i nostri debiti tracciava la linea del basta!
Era non vedere mia madre darmi un etto di salame per scambiarlo con un etto di cioccolatta scadente, oppure rubare un uovo d'estate per poterlo scambiare con un ghiacciolo.
Quello che volevo era semplicemente un berretto che le mie compagne di scuola, e mai mie amiche, avevano tutte, ma proprio tutte!
Quello che volevo era non trovarmi in cantina a piangere sola con me stessa, vergognandomi perfino del mio piangere, quasi fosse una maledetta colpa quella di essere nata.
No, il natale non mi piace, mai avuto natali con gli alberi e tutte le aspettative che esso comporta, ricordo solo una S. Lucia dove tutte le speranze sono crollate.
S. Lucia nel bresciano porta i doni, porta i dolci e la frutta, mai mangiato arance o una banana se non in quel giorno.
Bimba ingenua io, forse 6/7 anni?
Il dubbio già insinuato che la Santa fosse la mamma era devastante per i miei sogni, vero che mai nessuna richiesta era mai stata esaudita ma la certezza di altri bimbi più bravi di me mi aveva sostenuto nella delusione.
Ricordo la mia letterina fatta di poche parole e tanti disegni, il fieno per l'asinello preso di nascosto dalla stalla della zia, le castagne secche per la Santa e il tutto nascosto in una camera dove nessuno entrava mai.
Se S. Lucia esisteva avrebbe letto sicuramente la mia letterina, e poi mi avrebbe lasciato i doni......
Ricordo la delusione e il freddo di quella stanza come se fosse oggi, la verità rimbombava dentro di me, la lettera fatta in mille pezzi e i singhiozzi ricacciati dentro a un sacco sempre più grande.
E poi c'era il natale, fatto di niente se non di speranza che papà tornasse a casa se era via a lavorare, ma se era a casa era peggio, nemmeno le caramelle, come cenone ricordo quelle patate lesse e il cotechino che faceva tanto ultimo dell'anno ma che per noi erano la normalità.
Anche la trippa era un piatto che si mangiava all'infinito, ho sempre odiato la trippa, troppo volte l'ho lavata alla fontana con la spazzola da bucato e so cos'è.
Scusatemi se non farò a nessuno gli auguri di natale.
Scusate se non manderò soldi a tutti quei bambini che soffrono solo a natale, guardando tutte quelle richieste d'aiuto mi viene spontaneo pensare che i soldi ci sono per spedire così tante lettere.
Io mi ricordo avevo fame ogni giorno dell'anno, fame di cibo di libri e di carezze, non mi accontentavo del natale, anzi il natale mi faceva paura, troppa gente che si crede buona.
Non vale essere buoni a natale, è come saldare un conto con se stessi ma senza gli interessi.
Proviamo a esserlo durante tutto l'anno e il natale chiudiamo solo nel nostro cuore, solo per poterci leggere dentro e senza applausi e luci forti e capire che siamo semplicemente uomini che sanno dare oltre il natale.



 

venerdì 26 novembre 2010

GATTA DI LUNA

Photobucket Sandra guardò Tiffany addormentata su di lei, sorrise e le passò la mano sul folto pelo argento blu. La sua gatta, la sua migliore amica, l'aveva scelta lei, era stata giorni a studiare i sei piccoli fratellini, voleva la più dolce, la più bella. Non si era mai pentita del risultato, era la sua amica del cuore. Spesso dimenticava che era un animale e si ritrovava a parlarle come a un essere umano, Tiffany a modo suo rispondeva. Erano inseparabili, era a Tiffany che raccontava le sue prime pene d'amore, era Tiffany che le leccava le lacrime e le faceva la danza del latte per farla sorridere. Non c'era mattina o sera che non iniziasse e finisse con le coccole di Tiffany, era una certezza, come il sole o la notte. Sandra la amava moltissimo e non riusciva a immaginare la sua vita senza questa splendida gatta di razza certosina. Tiffany usciva poco, stare in casa le piaceva, pisolava aspettando che la sua padroncina arrivasse da scuola, tutta la sua vita girava attorno a Sandra. Ma come nelle fiabe c'è sempre una nube nera, un lupo o un orco. Una mattina Tiffany uscì a fare la sua passeggiata, era maggio, un miscuglio di colori e di odori nuovi, un rinascere dopo un inverno freddo e piovoso. Sicuramente il suo gioco preferito era a portata di zampa, rincorrere le lucertole e questo la portò via. Al suo ritorno Sandra si stupì dell'assenza dell'amica lungo le scale, dove l'aspettava sempre, corse a cercarla in camera sua e per tutta la casa. Anche la mamma era in ansia, ben presto i richiami si rincorrevano per la via, i vicini conoscevano bene Tiffany, era come se fosse la loro mascotte, poi era inconfondibile con quel mantello di velluto blu e il collarino rosa. Niente, svanita nell'aria, Sandra non si dava pace, pianse ore e ore e la notte la passò alla finestra nella speranza di un ritorno. Il mattino ritornò in strada e girò tutte le vie del paese chiedendo e lasciando foto di Tiffany appese a pali della luce. Un dolore forte, così grande da non poter respirare, dov'era la sua amica? Perché non tornava? La paura che le fosse successo qualcosa di brutto era orribile, non riusciva più a dominare il panico. Anche la seconda notte passò, così la terza e la quarta, Sandra non parlava più, le notti erano un incubo, i giorni passavano senza portare nessun cambiamento. Tiffany era sparita, dissolta senza lasciare traccia. Maggio lasciò il posto a un Giugno caldo e afoso, la scuola finì e Sandra si trovò tra le braccia di un'estate vuota e troppo lunga. La sua tristezza non finiva mai, vederla sorridere era raro, solo quando metteva un video sul quale c'era Tiffany sembrava tornare la ragazzina serena che era stata. Come ogni anno agosto la trovò al mare, seduta sulla sabbia a guardare dove l'acqua si fonde con il cielo, inconsolabile in un modo imbarazzante. I suoi genitori erano arrivati alla conclusione che magari un'altra gattina poteva aiutarla e cercarono di farle cambiare idea sul suo no urlato. No, lei aspettava Tiffany, lei voleva Tiffany, sapeva che sarebbe tornata, lo sapeva! Iniziò la scuola e il freddo, le prime nebbie offuscarono ogni cosa, Sandra non usciva più a cercare Tiffany, solo metteva tutte le sere una candela sulla porta di casa. Arrivò Natale e passò senza lasciarle quella serenità che la pubblicità le prometteva, un Natale senza gioia, da dimenticare subito. Gennaio portò la neve, Sandra amava la neve, ma ora no, se pensava a Tiffany imprigionata nel ghiaccio, l'angoscia ritornava. A febbraio la speranza non abitava più nel suo cuore, si era arresa, cercava di non pensare più a Tiffany, a volte ci riusciva a volte no, ma l'importante era iniziare. Ecco aprile, ecco di nuovo una primavera, la bellezza delle sere colme di vita, la voglia di farne parte è fortissima per fortuna. Quella sera la luna era meravigliosa, Sandra sentiva l'emozione del mondo, l'aria era colma di attese e quando una palla di pelo le si gettò addosso, non ne fu sorpresa, iniziò a piangere piano e a ogni lacrima che scivolava sulla guancia per finire nel mantello di Tiffany era un giorno di sofferenza che svaniva. Cercò di portarla in casa ma Tiffany scappò dalle sue braccia e sparì miagolando, Sandra la cercò di nuovo spaventata ma si fermò subito. Il chiarore della luna illuminava Tiffany e sei piccoli dando loro un colore argento blu, il colore magico dei gatti della luna. 


Con questo racconto ho vinto il quinto premio,
un biglietto da usare su tutti gli autobus del territorio bresciano.

mercoledì 10 novembre 2010

FIGLIA DI UN DIO MINORE ...

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Anna non credeva che esistessero figli di un Dio minore ma guardando Maddalena  il dubbio le attraversò il cuore.  Allungò la mano per attirare l'attenzione di sua cugina e le sorrise, Maddalena sgranò gli occhi e iniziò  a gesticolare e a parlare nel modo strano dei sordi.
Ecco, non bastava essere sordi e emarginati?
Non bastava una vita ai margini quasi fosse una colpa quella di non sentire?
Un matrimonio con il compagno anche lui sordo, dove dopo la nascita di un figlio "normale" tutti volevano dire loro cosa dovevano fare e non fare?
Un alternarsi di assistenti sociali e dove anche le insegnanti diventavano di colpo delle psicologhe pronte a trovare mille disagi e comportamenti anormali.
Quante lacrime, quanta paura di non essere una brava mamma, e come poteva?
Era sorda!
Una mamma sorda certamente è una mamma sbagliata, a questo era arrivata Maddalena.
Anche lungo l'andare degli anni le difficoltà non erano mancate, sempre con quella paura dentro, quella di essere una di serie B.
Anna guardò  quel viso così caro a lei, la riconosceva nell'amore che da sempre le univa, quanti ricordi le ritornavano in mente, un'infanzia a metà la loro.
Maddalena che era diventata sorda all'età di sei anni e da allora fino ai 18 anni era stata in collegio in città 9 mesi all'anno.
Solo d'estate ritornava al paese, Anna sorrise al triste ricordo del Mocc, un pastore bergamasco che più di un cane era una balia.
Il Mocc era uno di loro ma lui era di Maddalena!
Quando Maddalena era a casa il Mocc era la sua ombra, con lei andava ovunque e i grandi erano tranquilli, niente di male poteva succedere se stavano insieme.
Mocc che preferì morire 8 giorni prima dell'arrivo di Maddalena, con pudore, quel pudore che hanno i cani nel non voler far soffrire le persone più care.
Mancava poco a Natale e Maddalena tornava a casa in corriera, erano andati in 5 ad aspettarla, tristi e spauriti, la neve cadeva fitta ma a loro non importava, non sapevano come comunicare la triste notizia.
Bastò uno sguardo, l'incrociarsi di occhi e fu pianto dirotto, "morto  Mocc... morto Mocc ... "
Anna ricordava quel tornare a casa tutti abbracciati alla rifusa con lacrime miste alla neve che indifferente cadeva su di loro, era un rifare il funerale a Mocc, era un ricordare l'amico di sempre che ora ti ha tradito, era dolore e rimpianto.
Questo pensava Anna guardando Maddalena in quel letto d'ospedale.
Già, ci mancava anche un tumore al rene, figli di un Dio minore, e perchè no?
L'abbracciò piano, stando attenta ai vari drenaggi, alla pompa della morfina e l'accarezzò, avrebbe voluto che la zia fosse viva, che il Mocc fosse vivo, magari l'avrebbero protetta meglio, non avrebbero permesso a quel Dio di farle altro male.
Parlò con lei, un discorso intimo, fatto di segni, suoni e espressioni facciali, la gente attorno guardava con curiosità ma a questo erano abituate, erano in un cerchio tutto loro.
Erano in un limbo dove poche persone entravano, troppe quelle che se ne scappavano via, la paura e il disagio del rapportarsi con il diverso faceva tabula rasa e la solitudine ingigantiva l'abbandono.
No, non era figlia di un Dio minore, era molto di più e Anna lo sapeva da sempre.


 

martedì 2 novembre 2010

PENSIERI .......

 nostalgia Pictures, Images and PhotosC'è calma oggi, le giornate già sul binario dell'inverno, il riscaldamento acceso e la pioggia che da 3 giorni batte contro i vetri.
Vetri che piangono, lunghe scie di dolore che invadono i davanzali e che piano piano filtrano dentro casa, inutilmente tampono con stracci già umidi del passato, nessun argine è abbastanza alto oggi.
La stanza è in penombra, le fiamme delle candele creano sprazzi di luce sui muri bassi, cerco di decifrarne i disegni e così mi perdo.
Mi perdo su strade già percorse, conosco ogni fermata, la dove mi sono riposata più a lungo per il peso troppo grande che portavo.
Conosco ogni croce incisa su pietra  per chi ho dovuto lasciare ai margini ma che cammina sempre dentro me,  capisco che il tempo è niente l'abbiamo creato noi per avere un alibi.
L'alibi del dimenticarci delle cose scomode e del fuggire a dolori devastanti.
Guardo le foto racchiuse nelle cornici argentate,  le vedo vive, i volti cari alla luce delle candele appaiono dolci, mi ritrovo ancora figlia, sorella, cognata, nuora, nipote e amica.
Colgo questo attimo tutto mio, mi avvolgo su me stessa in un girotondo fatto di ricordi e nostalgia.
Anni e giorni passati a vivere intrecciandoli con dolori e gioie, sembrava ieri e è già domani!
L'incredulità del non riconoscermi nello specchio e nel sentirmi sempre una ventenne dentro, credere di avere ancora mille frecce da scoccare verso orizzonti nuovi e ritrovarmi a fissare chi se ne andato proprio ventenne mi riporta a terra.
Dove sono finiti tutti quei sogni?
Mi è bastato vivere così?
Mi basta quello che sono?
Si, con sincerità posso dire di non avere rimpianti, ho vissuto e vivo il mio tempo, scelte fatte sempre con il cuore e pochi ripensamenti.
Solo a volte quella tristezza che ci fa pensare e agire da umani, sempre una domanda a cercare risposte per poter mettersi sempre in discussione, un vivere sereno misto a problemi che non rende noiosa la mia vita ma unica.

domenica 24 ottobre 2010

KORA

Photobucket


Sono ormai 14 giorni che non ho un attimo di respiro.
Uscire si casa è cosa da programmare, e sempre di corsa, insomma uno stress enorme.
Il giorno martedì 12 Ottobre Kora è stata operata  a Bergamo.
Era ormai da mesi che dopo una corsa o semplicemente dopo una camminata zoppicava vistosamente, all'inizio sembrava cosa da nulla ma a lungo la zoppia è andata aumentando.
I risultati delle radiografie hanno evidenziato una cosa assai più grave del previsto, rottura dei legamenti del ginocchio, assolutamente da operare al più presto possibile.
Anche i costi poi non sono da poco ma per Kora, ormai membro della nostra famiglia, questo e altro, l'importante è che vada tutto bene.
Photobucket Così individuata una clinica abbiamo prenotato la visita e concordato il tutto.
Così il martedì 12 come autista il mio amico Gigipaso (Bos Luigi) Dario Mara e Kora si sono recati a Bergamo.
Veramente io ero convinta che riportassero Kora a casa la sera stessa, ma così non è stato, confesso che nel vederli tornare da soli qualche lacrima è spuntata pensandola sola e abbandonata in una gabbia tutta dolorante.
Il mercoledì Kora è ritornata a casa, per me vederla così conciata è stato bruttissimo, sofferente e con un collare elisabettiano enorme, i suoi occhi mi parlavano della paura che aveva avuto di essere stata abbandonata, la sua gioia di essere a casa era pari alla mia.
Tutto era pronto per il suo rientro, anche la gabbia che gentilmente il mio vet. mi aveva prestato, la casa di Kora per un mese e più.
Farla entrare e poi rinchiudere il cancelletto è stata dura, ignorare i suoi pianti è stato straziante ma è cosa da fare.
L'operazione è molto complicata e per il buon esito Kora non deve caricare il peso sul ginocchio, naturalmente si porta fuori per i suoi bisogni, i primi 14 giorni sono stati molto pesanti.
Anche la terapia è stata impegnativa, 7 pastiglie mattina e sera, grosse e sicuramente dal sapore schifoso visto che già dal primo giorno Kora si rifiutava di mangiarle!
Trovare il modo di ingannarla non è stato facile, ora annusa tutto e mangia solo pezzettini piccolissimi, ma per fortuna abbiamo finito, ora solo mezza pastigliona al giorno e basta, meno male perchè non sapevo più cosa inventarmi.
Ora siamo arrivati a tenerla fuori dalla gabbia anche per 6/7 ore al giorno, distesa sul tappeto con uno di noi (quasi sempre io) a tenerla ferma, stamattina visto che è domenica abbiamo esagerato e l'abbiamo messa sul lettone.
Piano piano con precauzione l'abbiamo sollevata e messa sulle coperte e lei è impazzita dalla gioia, ho dovuto "placcarla" immobilizzandola e sgridandola forte, quando finalmente si è calmata ha dormito per ben tre ore accanto a Dario.
Anche ora è in sala sdraiata ai piedi di Dario e ronfa serena.
Photobucket A scriverlo sembra tutto facile ma non lo è per niente, quando siamo sole a casa e io devo fare altre cose lei inizia a piangere e io subito penso che ha un bisognino, sapete quante volte la porto in terrazza?
Lei serafica annusa l'aria e poi con occhi innocenti mi guarda e sembra quasi che mi sorrida ma di bisognini nemmeno l'ombra!
Si va avanti così per tutto il giorno, se poi ignoro i suoi lamenti inizia a ululare e la cosa non è bella per niente, ha ancora il collare e questo capisco che le sia penoso ma la ferita è lunga e i punti le verranno tolti solo martedi.
Ho pochissimo tempo per me ma non importa, l'importante è che lei stia bene e questo mi porta a dedicare a lei ogni attimo che posso.  

martedì 12 ottobre 2010

UNA STORIA BANALE

solitudine Pictures, Images and Photos Paola apri la busta lacerandola, troppa la fretta e la voglia di placare quella paura che da giorni le serpeggiava nella mente.
Il referto era scritto a macchina, i campioni erano tre, chiamati reperti A-B-C, corse alla fine e si bloccò.
Conclusione diagnostica citologica, A-B-C: atipie sospette per malignità.
Va bene, era iniziato il ballo.
Una danza fatta di lenti e valzer, sapeva che sarebbe stata solo una comparsa, non era lei la debuttante ma poteva aiutare suo padre nei passi più duri, non avrebbe permesso alla signora in nero di portartarglielo via senza lottare.
Ma ora la cosa più importante era imbastire una storia credibile per papà, non c'era tempo per fermarsi e ascoltare il suo dolore e la sua paura.
Ancora in ospedale fissò gli appuntamenti necessari, poi chiamò le sue sorelle e le convocò per il giorno stesso a casa sua.
Un pomeriggio di inizio dicembre, alla sera già si vedevano gli alberi illuminati e appesi ai balconi babbi natali infreddoliti aspettavano il Natale, chissà come sarebbe stato il loro di Natale.
Dare la notizia la rese più vera, stava succedendo a loro, incredulità e dolore, poi finalmente lo sfogo del pianto.
L'unione fa la forza, è vero, se poi uniamo anche l'affetto e la fiducia ci si sente forti e pronti a combattere il mondo, così Paola si sentiva mentre nel buio aspettava l'arrivo del sonno.
Spiegare a papà che doveva entrare in ospedale per ulteriori accertamenti fu dura, tante le sue domande, poche le risposte che Paola era disposta a dare, alla fine lo accompagnò in pneumologia  mostrando una serenità che era lontana anni luce.
Il ricovero era necessario per fare una biopsia e capire che tipo di tumore fosse per poi fare un piano di attacco, Paola sperava che il tutto fosse all'inizio, del resto gli esami precedenti erano tutti negativi.
Giorni su giorni, esami su esami, i medici non parlavano, bisognava ancora fare la biopsia.
Finalmente anche la biopsia fu fatta e i medici preferirono mandare a casa papà, appena l'esito sarebbe arrivato avrebbero chiamato Paola.
La cosa non le piaceva, si era ormai a metà dicembre, sapeva cosa succedeva in ospedale in quei periodi, ferie e malattie mettevano in ginocchio i reparti, e lei aveva fretta di sapere ....

mercoledì 6 ottobre 2010

STASERA SONO TANTO STANCA SCUSATEMI....


orror Ho trascorso gli ultimi due giorni in ospedale, ieri su una scomodissima sedia fuori da un reparto.
 Un reparto che so essere uno dei migliori della lombardia, ma che non ti da nessuna garanzia!
Stamattina alle 7 ero già la, e come non esserci?
La mia vita è la, legata da sempre a Dario, badate bene, non è una schiavitù, ma una libera scelta.
Da sempre le nostre vite vanno a braccetto, da sempre sappiamo che il respirare di uno è l'espirare dell'altro.
Mi spiace a chi non ci crede, vorrei con tutta l'umiltà che sento farvi capire il mio essere profondamente sicura di questo amore.
Sono tornata stasera, stanchissima e con la schiena a pezzi, ho aperto il computer e come una vigliaccata mi trovo un commento anonimo che mi ha fatto male.
Perchè colpirmi quando si sapeva della mia assenza?
Sicuramente un "amico" che mi segue, che sa il mio vivere, un essere che non ha nemmeno il coraggio di firmarsi.
Ma perchè?
A che scopo?
Non penso sia invidia, e di che cosa?
Del mio stare male?
Del mio essere piccina?
Una cosa sola conta, che Dario stia bene, tutto il resto non ha la minima importanza.
Solo una cosa so, quello che si semina si raccoglie!
Stai attento fratello, ne la luna, ne le stelle possono proteggerti, la falsità e la vigliaccheria non hanno idoli!
Mollami, non ti chiedo nulla, solo di andartene, non sfidare chi sa cos'è il dolore, a volte il vivere diventa difficile, non chiedere di più a Te stesso,
buona vita, spero per sempre!
Scusatemi ma stasera sono veramente stanca, tanto stanca....

venerdì 1 ottobre 2010

PERSONE IN DIFFICOLTà

solitudine Pictures, Images and Photos Non so perchè ma oggi faccio fatica a "ingranare" come casalinga, ho dentro immagini che mi fanno male, pensieri che girano attorno alle mille cose che devo fare.
Va bene, mi fermo  e provo a scrivere quello che sento.
Stamattina piove, una pioggia fine scende senza fare rumore, accarezza le foglie e le lascia colme di gocce trasparenti.
Tutto parla del sonno che sta invadendo questa nostra parte del mondo, l'autunno, tempo di remi in barca e di coperte calde.
Tempo di riflessioni e di serenità, mettersi sul divano e coprirsi con la coperta di Linus, dirsi che siamo bravi ma sopratutto sapere che saremo al caldo.
Stamattina ho capito veramente che per tante persone non sarà così.
Sentirlo dire dalla televisione è una cosa lontana, irreale, anche i barboni sembrano fotografati "apposta" per farti sentire in colpa.
Stamattina ho toccato con mano la realtà di questa verità nascosta.
Ogni mattina vado a camminare al parco, e è da quest'estate che vedo un signore sempre in bicicletta, quando gli sono a pochi metri si allontana pedalando con foga, strano, pensavo, un timidone.
Il parco è bello, tanto verde con un percorso vita, gli anziani del paese hanno unito delle panchine e trovato un tavolino, alle sei di mattina quando faceva caldo li trovavo già lì.
Lo scambiarsi il buongiorno era l'inizio normale della giornata, ma ora alle sei e mezza è ancora buio pesto e poi fa fresco, più nessuno arriva al parco.
Già, più nessuno, ma c'è sempre quel signore che scansa ogni buongiorno!
Questa mattina pioveva e il buio era ancora più fitto, sono arrivata con la musica sparata nelle orecchie a farmi compagnia, a passo veloce inizio il percorso e subito mi accorgo di un  fagotto davanti a me.
Rallento e cerco di capire, quando il fagotto si gira mi accorgo che è il signore che gira in bici, ha sollevato il tombino e tirato fuori altri fagotti!
Cerco di far finta di niente, gli passo accanto, lo saluto e non ricevo nessuna risposta, però mi accorgo che le buste contengono roba da mangiare.
Tutto di colpo mi è chiaro è un senza tetto, è una persona sola, ora capisco le buste lasciate da persone su quel tavolo, buste con frutta, biscotti, vino e pane.
Erano per lui, e io che pensavo che servissero a far merenda in compagnia!
Vorrei rincorrerlo, vorrei chiedergli tante cose, poi rifletto sulla dignità di quest'uomo, non ha mai chiesto aiuto, non ha mai voluto far sapere il suo essere solo, chi sono io per umiliarlo?
Magari anche solo chiedendogli se ha bisogno per lui è già male.
L'ho guardato spostarsi a ogni giro che facevo nella panchina più lontana, quasi a deliniare un territorio provvisorio, non potevo oltrepassarlo.
Con una tristezza infinita sono arrivata a casa e lungo la via ho visto un signore che distribuiva le guide telefoniche, ricordandomi di come era ridotta la mia mi sono avvicinata.
Il signore era distinto e gentilissimo, alla mia richiesta di volere un'altra guida e spiegando il perchè la mia era inutilizzabile mi ha rivolto un sorriso tristissimo.
Mi ha spiegato che era italiano, laureato e costretto a fare piccoli lavori come quello che stava facendo e che lo faceva con scrupolo.
Parlando mi ha raccontato un pò della sua vita concludendo che sperava in Dio per una fine rapida.
Confesso che sono rimasta malissimo, ho cercato di rasserenarlo ma il magone che sentivo era grande.
Sono salita in casa con la guida stretta al cuore e pensando alle tante realtà che ci sfiorano e per le quali non possiamo fare niente.
Tante vite che ci sfiorano lasciandoci un pensiero per tutta la mattinata e che ti costringono a scriverlo per fermare nel cuore quelle persone e sperare per loro un futuro degno di quel vivere a cui tutti noi siamo nati.

giovedì 23 settembre 2010

UN ALTRO COMPAGNO DI VIAGGIO

cuore Pictures, Images and Photos La nostra avventura continua e ora anche il defibrillatore impiantabile!
Sono 16 anni che conviviamo con questo cuore un pò lento e pieno di cicatrici, sia a pranzo cena e colazione ti preparo sempre le tue pillole, l'ultima come una buona notte te la servo con un bacio alle 22.
Se andiamo in vacanza come prima cosa preparo la sacca delle medicine, il resto è secondario.
Quanti esami in questi anni, anche le angioplastiche con i relativi stend sono solo fascicoli nella tua cartella medica.
Dieci giorni fa gli ultimi, un holter delle 48 ore e un ecocardigramma, tu sai che per me è sempre come la prima volta, mi torna la paura e l'ansia non mi da pace.
L'esito dell'eco l'abbiamo avuto subito, sembrava abbastanza bene, per l'holter naturalmente dovevamo aspettare.
Martedi mattina mi ha chiamato Fappani e sentendo la sua voce ho capito che qualcosa non andava.
L'ha presa alla larga, saluti e complimenti e poi ridendo mi ha chiesto se ero seduta, mi conosce bene, vero?
Sa la mia fragilità, sa come sono apprensiva e sa benissimo che sono due i cuori da curare, naturalmente ho dovuto sedermi, il mio di cuore stava urlando così forte che faticavo a sentire quello che diceva.
Troppo pesante la terapia e nonostante questo troppe artmie, per sicurezza lui consigliava di impiantare un defibrillatore.
Ho respirato a fondo e ho fatto mille domande, tu sai che con Fappani posso permettermelo, ci ha visto sempre assieme, è con me che parla della terapia che fai, lui sa che sono io quella che non si dimentica, e come potrei?
Abbiamo parlato a lungo e ci siamo lasciati con l'appuntamento di vederci oggi a mezzogiorno in clinica, così ti avrebbe spiegato tutto.
In questi giorni non ne abbiamo parlato più di tanto, il magone che avevo dentro ogni tanto si disperdeva in un pianto solitario e cercavo di vedere il lato positivo.
Oggi sei venuto a prendermi e mentre salivamo a Ome mi hai parlato, con calma mi spiegavi che non dovevo preoccuparmi più di tanto, che tu sapevi gestirti bene, naturalmente ti riferivi al tuo andare in moto, alle tue passeggiate in montagna.
Io fissavo le colline della Franciacorta, sbarravo gli occhi per tenere dentro tutte quelle lacrime che li stavano allagando, guardavo tutti quei colori autunnali confondersi in una macchia color oro e mi sentivo una vigliacca.
Non ti avevo detto niente, non ne ero stata capace, come dirti che dovevi riinventarti un altro vivere?
Come dirti che le tue gite domenicali in moto su per i sentieri delle nostre belle valli non erano più possibili?
Fappani come sempre è stato un grande, l'ha buttata sul ridere, l'ideale sarebbe andare in barca a vela!
Certo, non è una passeggiata, per un mese non potrai nemmeno guidare, non pensare che io ti faccia da autista, chiederai al sindaco che ci pensi lui se ti vuole in ufficio!
Anche ora che sto scrivendo, che sto buttando fuori questo mio disagio ti penso e mi viene da sorridere.
Sorrido pensando a dove sei ora, con la nostra Mara alle ferrate di Casto, sei pazzesco e ti amo perchè sei così, unico e speciale.
Sai darmi la certezza del tuo amore e sai farmi capire che la vita va vissuta attimo per attimo, assaporandola in ogni suo contesto, e quando fai una promessa la mantieni sempre, per questo sono quasi serena, ieri sera mentre ero nascosta nel tuo abbraccio mi hai promesso almeno 50 ancora insieme, per ora mi basta questo, poi vedremo ...
Domani è il tuo compleanno, auguri vita mia, che i nostri cuori siano capaci di sopportarci ancora per tanto ma tanto tempo.

lunedì 13 settembre 2010

INCONTRO


amicizia Pictures, Images and Photos



Per una volta tanto il mio computer si è animato e dallo schermo sono uscite persone in carne e ossa!
Ieri sera ho conosciuto  Messier , un ragazzo straordinario, talmente vero da aver voglia di metterlo in uno scrigno e tenerselo per sempre.
Assieme a  Gigipaso, (pardon ormai sarai sempre Luigi) un altro blogger e nostro Boss eletto ieri sera da tutti, davanti a una pizza abbiamo fatto serata fin oltre la mezzanotte.
Una serata da ricordare, abbiamo parlato di tutto e ancor di più tra risate e sguardi carichi di simpatia e di affetto.
Anche Amleto che da sempre mi gira per casa con una punta di mal celata gelosia nei confronti degli ultimi arrivati si è trovato a suo agio.
Amleto che con il suo nome e con la sua laurea imminente in filosofia da filo da torcere a tutti si è rilassato e goduto la serata a tal punto che ho dovuto quasi buttarlo fuori all'una di notte!
Anche le gatte hanno partecipato alla serata, Tiffany invadente da essere quasi zanzara, Sissi da principessa aspettava le coccole senza chiederle, Maya ci studiava da lontano e su tutte con la forza di un tornado stava Kora.
Kora che naturalmente è gelosa sia delle gatte che delle persone.
Kora che "deve" fare amicizia con tutti a forza di leccate in faccia, capirete che con i suoi 40 kg è un problema tenerla giù.
Insomma, una serata bella e movimentata dove i discorsi come ponti si posavano su altre parole e che incrociandosi creavano quell'armonia che da stupore nel vedersi così simili.
Messier ha voluto vedere la mia postazione di guerra (computer) così mi potrà immaginare mentre scrivo, si è seduto  sulla mia amaca-poltrona in terrazza e guardato la Maddalena, la nostra montagna bresciana, ha sbirciato un pò del mio mondo e ho sentito la sua simpatia.
Un mondo il mio fatto di semplicità, dove le priorità sono i sentimenti e il rispetto di ogni libertà.
Un incontro bello bello, un ritrovarsi e sentire che la lontananza non avrà importanza se nel cuore porteremo quello che ci siamo dati ieri sera.
Grazie Francesco, grazie Gigi (pardon Boss-Luigi)

 

venerdì 3 settembre 2010

FUNGHI


Photobucket



Come tutti gli anni sono stata a Saviore per cercare funghi.
Domenica sono partita e nel pomeriggio ero già nel bosco, un ritrovarmi a casa un ascoltare i cambiamenti attorno a me.
L'estate sta svanendo piano, i colori del bosco si stanno facendo più tenui, anche i rumori sono ovattati.
Camminavo piano e salutavo accarezzandoli i tronchi rugosi dei larici e dei pini, ogni tanto trovavo un fungo che pulivo e baciavo prima di metterlo nel cestino.
Alle sette ero a casa, una solitudine bella, senza alcuna fretta solo quella che arrivasse il mattino per partire.
Una notte un pò agitata che alle cinque e trenta ho chiuso alzandomi, era buio pesto, mi sono fatta il caffè e sono uscita a sentire l'aria. Pioveva e faceva fresco, mi sono cambiata mettendomi abiti più pesanti e un impermeabile, non mi faceva certo paura la pioggia!
Alle sei e trenta sono partita, il cielo era scuro e non si vedeva niente, ho iniziato a salire e a cercare lungo i costoni liberi di sottobosco, solo abeti altissimi dove la prima luce dell'alba riusciva Photobucket a entrare.
Piano piano la luce è arrivata anche se la pioggia scendeva dolcemente, non dava fastidio, era come se lavasse via la polvere dell'estate.
Ogni tanto mi imbattevo in un bel porcino che raccoglievo con tutti i dovuti onori, poi piano piano il cielo si è "allargato" e spiragli di sole filtravano le nuvole.
Mentre il sole illuminava a sciabola il bosco facendo brillare le gocce raccolte sugli aghi di pino e dei larici è arrivato il vento.
Un vento forte e rumoroso, una folata lunga che ha fatto fremere il bosco intero, una scossa che ha fatto staccare mille e mille aghi di pino e con loro le gocce di pioggia, e così come per incanto il bosco si è animato.
Una pioggia colorata fatta di mille colori mescolata a sibili forti, quasi delle vibrazioni, tutto il bosco era percorso da ondate di vita e io ne facevo parte.
Sono attimi che ho racchiuso dentro di me, sono certezze che mi aiuteranno quando ne avrò bisogno, è sapere di stare vivendo un momento irrepetibile, è capire che non puoi rompere quell'incanto, non puoi fare nemmeno un gesto, ti siedi e aspetti.
Aspetti, ogni folata di vento ti porta più in alto, anche il silenzio è fermo, solo il vento e mille arcobaleni intorno a me, è come essere in un tempio e aspetti.
Il trionfo del sole sulle nuvole è grandioso, il vento come un cavallo indomito galoppa tra le cime già innevate e si insinua tra gli alberi e scende cantando a valle.
E io c'ero, ho visto l'arrivo del nuovo tempo.
Anche le rondini erano già in partenza, il vento le ha spinte solo più veloci, chi rimane  può pensare a se stesso, finito il tempo della cova, fatto tutto quello che la natura richiede, ora possono pensare solo a mangiare per  sopportare il lungo inverno. 
Ho camminato fino alle due e raccolto i funghi che il bosco mi regalava, sono stata in posti a me noti, colmi di ricordi, il "mio bait", non più mio, ma nel mio cuore sarà  sempre mio e legato a me bambina. 
Ricordi di giochi con funghi come piattini e scodelle, marmellate di mirtilli e fragole, le more con i Photobucket loro artigli e su tutto quel gusto di polenta bollente messa nel latte appena munto e mangiata come se fosse un pranzo normale.
Ora so che era il pranzo dei poveri, ma allora era il pranzo che si consumava quando si andava a fare il fieno al "bait".
Ora nessuno fa più il fieno, lo comprano in pianura e poi ti spacciano le formagelle come se fossero di Saviore, ma non lo sono, le mucche non mangiano l'erba di montagna, nemmeno il fieno, allora che formagelle di montagna sono?
Nel pomeriggio ho pulito bene i funghi, qualche foto e poi riposo.
Martedì era una giornata splendida ma fredda, il vento sembrava arrabbiato, ululava e strattonava gli alberi, pochi Photobucket funghi, si sa che con il vento le spore scappano.
Mercoledì c'era già la brina, la neve è a metà montagna, anche le ultime rondini sono partite, le formiche rufus con i loro enormi formicai rallentano la ricerca di cibo, funghi niente, ho chiuso la Tana e sono partita.
Alle due ero a casa,  ho ritrovato l'estate e le rondini ma non la magia e neppure l'azzurro della mia Saviore.  

giovedì 19 agosto 2010

SENZA TITOLO

Lampione2 Pictures, Images and Photos Chissà perchè è così facile amare i cuccioli.
Bambini o animali, guardarli e sorridere è naturale, allungare una carezza o dare un bacio  è  un obbligo.
Il bisogno di protezione che si scatena nell'adulto è senza dubbio per salvaguardarne la specie dall'estinzione.
E quando questa viene meno?
Quando questo bisogno cade cosa diventiamo?
Nel secolo scorso non c'era penuria di figli, anzi, erano in troppi
Troppe bocche  da sfamare, magari 5 figli dalla prima moglie morta di parto e altri 6/8 dalla sposa più giovane.
Ricordo le "storie" che mi raccontavano da bimba, ora so che non erano racconti ma verità.
Fiabe dove si parlava di inverni feroci e senza cibo, dove in un letto si dormiva in 6, tre a ogni capo del letto, così da non sapere mai quale era il lato giusto.
Stufe sempre accese con sopra pentole annerite e colme di minestre allungate ogni giorno di più.
Vestiti mai lavati e passati ai più piccoli come regali di natale, la primavera che come una porta scardinata lasciava entrare la luce a colpire il vuoto fatto dalla morte.
Si, c'erano tanti bimbi, ma la morte metteva a posto le cose.
Bastava una tosse un pò più cattiva del solito, un mal di pancia e un nuovo angioletto se ne volava via.
Non si investivano sentimenti sui neonati, troppo il rischio di soffrire.
In ogni famiglia rimaneva vago il numero dei morticini, bastava piangerne uno per tutti.
Nei miei primi ricordi dell'asilo c'è l'accompagnare al cimitero i defunti, come tanti birilli vestiti a festa, mantellina e cappello bianchi per i bambini, mantella e copricapo nero  per gli adulti.
Ma per i bambini non c'erano nemmeno le tombe, venivano messi con gli adulti e il più delle volte nemmeno un nome a ricordarli.
Si partiva per la propria vita presto, non c'erano legami fatti di sentimento, le catene dell'amore potevano aspettare, quello di riempire la pancia era prioritario.
Guardo con stupore i ragazzi adolescenti che arrivano in Italia e guardo i nostri figli, come avranno fatto a lasciare la loro famiglia?
E le madri, come possono dormire non sapendo dove sono?
Noi che vediamo bambini o al massimo ragazzi i trentenni, come faranno quei diciottenni senza nessuna esperienza?
Oppure loro sono solo quell'Italia di allora?
Sono più duri, selezionati dalla povertà e più egoisti?
Senza nessuna catena d'amore a tenerli legati alle loro famiglie e molto più affamati di cibo?
Sapranno trovare l'amore dentro loro o si perderanno nel sottobosco del male?
Sentiranno la nostalgia di una carezza e sapranno fermarsi davanti a un sorriso?
Li guardo, sono in tanti, piccoli gruppi furtivi che si spostano velocemente lungo la via, un parlare alto quasi urlato, come a dire che ci sono, che esistono.
Chissà dove andranno a dormire stanotte.........


 
 

mercoledì 11 agosto 2010

COME CI CAMBIA LA VITA

cuore-acqua Pictures, Images and Photos


Stordita e incapace di pensare si ritrovò a camminare cercando la macchina.
Non aveva memoria, non sapeva cosa fare, solo un pensiero martellava dentro lei.
Un pensiero che rimbombava contro le pareti del suo cuore, urtava tra le costole come pugnalate per poi strizzarle le viscere facendola sussultare.
Finalmente trovò la macchina, come un automa salì, appoggiò la testa sul volante mentre un conato di vomito le saliva dalla gola secca.
Pensò di svenire, magari era un sogno, magari si svegliava nel suo letto accanto a Davide, l'avrebbe abbracciato raccontandogli l'incubo e avrebbero riso, si, doveva essere così, Dio Ti prego fa che sia così!
Ma le parole del medico dentro lei e la luce dell'insegna del Pronto Soccorso toglievano ogni illusione, era sveglia, non poteva scappare da nessuna parte.
Guardò il sacchetto di plastica che aveva buttato sul sedile e dal quale usciva la camicia di Davide, da lì aveva capito la gravità della cosa.
Certo al Pronto Soccorso erano attesi, come erano entrati c'era già un cardiologo ad aspettarli, ma questo non l'aveva spaventata, Davide era stato da un cardiologo nel pomeriggio il quale gentilmente lo aveva indirizzato in reparto per ulteriori esami, avrebbe telefonato lui ai colleghi.
Come falchi l'avevano attorniato, spogliato e attaccato al monitor mentre l'infermiera  prelevava il sangue per gli enzimi.
Lei seguiva tutto senza voler capire niente, si cantava una nenia muta, il suo cuore batteva forte contro le costole, mise una mano sul seno come a monito di quella fretta, cercò di vedere Davide tra quei camici bianchi.
Sembrava stanchissimo, pallido e con gli occhi chiusi, per un attimo ebbe paura, una paura folle, ma poi pensò che era tutto così assurdo, non poteva succedere a loro, loro no, loro avevano tanto da fare, stavano ancora costruendo la loro vita e poi la loro bimba aveva appena due anni!
Vide arrivare di corsa il tecnico del laboratorio, sentì l'abbaiare furioso del cardiologo mentre litigava con la caposala dell'Unità Coronaria, dovevano spostare un vecchio, subito, immediatamente, in Pronto Soccorso c'era un uomo di 40 anni sotto infarto e l'avrebbe portato su subito.
Ancora non voleva capire, ancora si guardava attorno quasi a cercare l'uomo che stava male, poi il medico la cercò con lo sguardo, a passi veloci le fu accanto e le tese la borsa con tutti i vestiti di Davide, l'aggredì con parole dure, lei che lavorava in ospedale non si era accorta che Davide era sotto infarto da tempo?
Lei cercò di parlare, balbettando cercava di giustificarsi, certo che l'aveva sospettato, per questo c'era stata la visita dal cardiologo, ma come si fa ad obbligare un uomo a fare determinate cose se lui non vuole?
Rincorse la barella fino alla porta che le fu chiusa in faccia, poi aspettò e aspettò ancora, alla fine si ritrovò in macchina riversa sul volante e schiacciata da quella orribile verità.
Davide era gravissimo, guidò piano fino a casa cercando le parole per comunicare ai suoi bambini l'accaduto.
Mentre spegneva la macchina,in quel preciso momento capì che la sua vita era cambiata, mai più sarebbe stata come prima, mai più sarebbe andata a dormire pensando che il domani sarebbe stato certo, alzò gli occhi verso il cielo e pregò.

venerdì 30 luglio 2010

SI RITORNA

Photobucket Eccomi, le ferie sono andate, non le mie, io sono sempre in ferie.
Tre settimane da soli, io e Dario, un ritornare alle origini, giorno dopo giorno a riscoprirci e capire che siamo sempre quei "ragazzi pazzi".
Sapere che siamo sempre gli stessi e leggerci negli occhi tutto l'amore dei vent'anni per noi è cosa normale, sono gli altri a stupirsene.
A volte mi rendo conto del mio parlare, del mio chiamare amore quello che per me è amore.
Capisco anche l'imbarazzo,  magari il sorrisetto o quel silenzio che cala come un gelo, ma vivadio, meno male che ci si ama!
Insomma tre settimane tutte nostre, Dario quest'anno ha scalato le sue adorate montagne, mi sa che quando andiamo dal suo cardiologo  porto le foto scattate in quota!
Io no, io l'ho seguito con il pensiero,  con tanta paura e con un'ora di panico quando ho visto l'eliambulanza cercare per un'ora lungo un crostone un poveraccio che era caduto.
Con noi avevamo Kora, la cagnolona, che come qualsiasi femmina quando si è in ferie ci si ritrova mestruate!
Non vi dico, avevamo tutti i cani maschi del paese fuori dalla porta.
Il più tenace era Pepe, andava a casa solo a mangiare, anche la notte la faceva di guardia, quasi quasi mi faceva pena, quando siamo ripartiti ci ha rincorso fino oltre al paese con un grande abbaire deluso.
Riposo e lettura, una goduria, naturalmente ci sono stati degli amici che sono saliti a trovarci, passeggiate e canti alla sera, sere di luna piena, frescura e maglie di lana, storie antiche e amicizie ritrovate.
Dolore e una notte insonne per il compagno di scuola colpito dalla SLA.
A lungo andare un altro insinuante disagio in me, la mancanza della tastiera, il computer!
Incredibile ma mi mancava!
Mi sentivo come tagliata fuori dal mondo, mi mancavano i giornali, le notizie del mondo, la tv, per scelta, non "prendeva" quasi niente.
Mi mancava il mio blog, il mio diario adolescenziale dove riversare i miei prolissi pensieri, mi mancava il dialogo con me stessa.
Una risata per sancire che anch'io ero presa nella rete del web!
Mi mancava la posta, il buongiorno dello Struzzino, l'abbraccio di Barone che come me mattiniero girava per splinder a cercare un sorriso mentre ci si beve un caffè!
Ecco, sono tornata, oggi come prima cosa ho "aperto", grazie a tutti voi per esserci,
grazie amici invisibili, mi siete mancati e tanto.
Grazie per avermi e per darmi tanto, per avermi aiutato a capire che l'amicizia è anche questa, un leggervi e un conoscervi attraverso dei brani che parlano della vostra vita.
A volte ho paura quando leggo del dolore, ma la vita è anche questo, un abbraccio virtuale è poco, lo so, ma diventa immenso quando siamo in tanti e io sono sicura che può fare solo e sempre bene.
grazie



 

venerdì 25 giugno 2010

Maturità

Adoro leggere Pictures, Images and Photos Sto vivendo la maturità di Mara, inutile dire che sono emozionata.
Mi trovo a essere io quella più agitata, Mara è serena e tranquilla, sicura di se e del suo sapere.
Quella che non dorme e che si alza alle 5 di mattina sono io.
Io che sto vivendo attraverso mia figlia una cosa che avrei voluto fare, studiare mi piaceva ma non ho avuto possibilità di farlo.
Problemi economici e il bisogno di una busta paga in più in famiglia non mi ha permesso nemmeno il sogno di poter pensare oltre le medie.
Un desiderio che mi è sempre rimasto e che mi ha portato a pensare a quello che ho perso in termini di cultura.
Lo so che non è importante ma mi rendo conto del mio non sapere, ancora chiedo spiegazioni a Dario, ancora vado a cercare il significato di una parola e ancora sbaglio (e tanti di voi me lo fanno notare), con l'acca poi, sono sempre in guerra!
Ricordo che appena finite le medie era venuta a casa mia la prof. di italiano con suo marito che era direttore dell'ospedale di Desenzano, avrei potuto studiare da infermiera come interna.
Io già saltavo sulla sedia ma mio padre fece solo una domanda, "prenderà dei soldi?"
No, niente soldi, era già un privilegio poter accedere a questi corsi a costo zero e con un lavoro sicuro.
Allora niente studio, mi aveva già trovato un lavoro in un'officina.
Un lavoro che distava da casa 10 km. e che per 8 mesi ho fatto in bicicletta.
Una bicicletta da uomo, quelle con la stanga in mezzo, difficile da usare perchè essendo piccola arrivavo a malapena a mettere per terra le punte dei piedi.
Otto mesi, la mattina partivo alle 5 e mezzo per iniziare alle sei, a pranzo mi mangiavo un panino e poi alle sei la sera ripartivo stanchissima verso casa.
Otto mesi per arrivare a dicembre dopo c'è stato il mio primo motorino, non era un regalo di Natale, era perchè si poteva comperare.
Ma poi si vede che era destino che sarei dovuta entrare a lavorare in ospedale visto che a distanza di 7 anni ci sono andata.
Ora seguo questa tappa importante di  mia figlia e mi commuovo, con la prima prova scritta ho indovinato la traccia che ha scelto, anche la seconda prova è andata, oggi c'è la terza, secondo lei la più tosta.
Più tardi la porto a Brescia e speriamo che sia una prova facile, il tempo è poco, 2 ore, e lei scrive sempre tanto....
Non importa come uscirà, io so che quest'anno ha una battaglia molto più dura da vincere, ma so anche che siamo sulla buona strada e dal suo sorriso ho capito che lei ne ha la consapevolezza.
Forza Mara, ti siamo attorno, ti abbracciamo e ti stringiamo con una coperta fatta di un amore infinito.
Non un telo soffocante e stretto ma un velo trasparente dove tu puoi vedere il tuo percorso e camminare sicura della nostra protezione fino a quando tu ne avrai bisogno.
Buona vita piccola mia



domenica 13 giugno 2010

STORIA DI UNA MORTE BIANCA

morte? Pictures, Images and Photos Chissà perchè si sentiva così strana, pensava Paola mentre guidava velocemente verso la casa dei suoi genitori.
Strana non era la parola giusta, arrabbiata, ecco forse definiva meglio quel sentimento che la stava invadendo.
Le telefonate di sua madre erano una rarità, quando chiamava era solo perchè qualcosa non andava e questo a lei non piaceva.
Non le piaceva essere messa ai margini della famiglia, anche se in verità era stata lei a scapparne via in fretta e facendo ben capire i suoi confini.
Confini circondati  da mura altissime, dove nessuna scala sarebbe bastata per raggiungerla.
Ma anche questo era solo una richiesta di essere conquistata, solo che "loro" avevano accettato tutto questo con un sospiro di sollievo, una figlia in meno, un problema in meno.
Ma quando c'era un problema si ricordavano di Paola, forse perchè lei correva sempre, forse perchè lei inconsciamente cercava ancora la loro approvazione e il loro amore.
Anche quel pomeriggio era stato così, Paola stava correndo perchè sua madre le aveva telefonato, naturalmente piangendo, dicendo che papà doveva fare l'esame istologico dell'espettorato.
Brutto segno, anzi bruttissimo segno pensava Paola, dopo anni passati a lavorare in ospedale sapeva come andavano le cose.
Arrivò a casa e trovò sua madre sul divano che piangeva e suo padre smarrito tra un mucchio di carte e esami scritti in "medichese", con lastre fatte recentemente e tutte negative.
Cercò di ricostruire tutta la storia, dalla tosse persistente a quelle tracce di sangue che però non sembravano proprio sangue, sembravano ecco.....
Paola che nonostante fosse in pensione conosceva tanta gente che ancora lavorava in ospedale, sapeva come muoversi e non perse tempo.
Con una telefonata in anatomia istologica fissò già all'indomani la consegna del prelievo, poi chiamò la caposala della Pneumologia e fissò una visita con il primario.
Ora bisognava solo aspettare, già, aspettare e pregare.
Quella notte Paola non riuscì a dormire, già una volta, anni prima c'erano state tantissima corse, già una volta papà era stato toccato da vicino da quel male schifoso ma allora erano riusciti a batterlo.
Alle 8 erano già in ospedale, tre barattoli sterili consegnati quasi con vergogna ma con l'urgenza negli occhi, presto, fate presto....

giovedì 3 giugno 2010

NON BASTA L'AMORE

depressione Pictures, Images and Photos Si alzava prestissimo, a volte anche alle 5, il corpo già proteso verso il fare del giorno ma con l'angoscia del non riuscirci.
Si alzava e in fretta preparava l'inizio del giorno, ma più i minuti passavano più quella sottile ansia l'invadeva, guardava le lancette dell'orologio e le regalava ancora un minuto.
No, si regalava a lei stessa ancora un minuto.
Ecco, di più non poteva aspettare, allora chiamava piano e con dolcezza sua figlia.
Sua figlia che sembrava persa in un gorgo di dolore e che niente riusciva a scuotere.
Sua figlia che annegava nelle sue lacrime, sua figlia che camminava con le spalle curve, come se portasse un peso enorme.
Sua figlia che abbracciandola poteva contare tutte le ossa del  corpo.
Ossa che spuntavano come legni, tesi e duri a gridare un dolore che non riusciva a capire.
Un dolore immenso, un dolore che lei non riusciva a curare, tentava e ritentava ma era come rimbalzare contro un muro.
Un muro fatto solo di nebbia, ci si poteva perdere, poteva perdere quella figlia così voluta e amata.
A niente servivano i vari trucchi per farla mangiare, a niente serviva riempire la casa di "schifezze" , la non fame, la non voglia di vivere era ovunque.
Quanto avrebbe voluto poterla proteggere!
Riportarla dentro di lei e ninnarla come faceva allora, quando la sapeva al sicuro e tutta sua, quante favole le raccontava e quanta felicità le prospettava.
Allora era la fata buona, solo felicità salute e bellezza le regalava, ma ora cosa era successo?
Chi era la fata cattiva che stava uccidendo sua figlia?
L'avrebbe sbranata con i denti e con le mani se solo sapesse chi era.
Guardava sua figlia nel letto, sepolta sotto il piumone nonostate facesse caldo, il freddo era dentro il suo cuore e niente sembrava scaldarla.
La guardava piangere, l'ascoltava mentre diceva piano "voglio morire", e davvero lei moriva.
Moriva con questa figlia che sentiva lontana ma così vicina da sentire quel dolore senza un perchè, l'abbracciava e le sue mani tremavano su quelle lacrime che piano piano si mescolavano alle sue.
L'impotenza del non poterla aiutare la distruggeva, la teneva legata a se con la corda dell'amore, solo quella, una corda sottile fatta di ricordi, di risate e giorni felici e il parlare.
Un parlare fatto piano, sottovoce e intervallato da silenzi, come se ogni parola fosse una goccia che aveva bisogno di tempo per essere assorbita da quel cuore sofferente.

Parole sempre cercate con cura, come le carezze, fatte piano, quasi con pudore.
Il pudore di chi ha paura di sbagliare, si sa, a volte ci si sbaglia per il troppo amare, si pensa di sapere tutto, di guarire tutto, anche l'anima.
Ma non sempre basta una coperta fatta solo d'amore....

lunedì 24 maggio 2010

VIVO

fairy Pictures, Images and Photos Questa sera è bellissima, adoro Maggio, è un mese perfetto!
Tutto rinasce, è una corsa verso il vivere e niente fa pensare che tutto può finire.
Riesco a stupire ancora me stessa, riesco ancora a trovare dentro aspettative nuove, ancora a provare quei brividi che ti fanno capire che sei sempre la sciocca ragazza che ballava nei prati e interrogava la luna sul suo futuro.
Se guardo bene so che sono la mamma di quella ragazzina, ma la vita non mi ha domata, ancora ballo tra i miei sogni, ancora vivo, ancora piango per un ideale e ancora ci credo!
Ancora, come un burattinaio esperto, muovo i fili dei miei giorni chiedendomi sempre il perchè di ogni cosa.
Ancora chiedo a me stessa il doppio di quello che chiedo agli altri, non accetto scuse per me stessa, fa niente se tante volte mi chiedo se ne valga la pena, io so che sono così e così sarà sempre.
Ma stasera c'è una pace che mi fa stare bene, la luna mi spia, chissà se sa chi sono, tante mie domande sono diventate realtà.
Ho vissuto quello che volevo, i fili a volte si sono ingarbugliati ma sempre ho trovato un motivo per non mollare, sempre c'è stata una sera dolce dopo uragani devastanti.
Il buio è fatto di mille suoni, sento il canto degli uccellini che si danno la buona notte, vedo i primi voli dei pipistrelli, le ombre si fanno più dense le voci più tenui.
Il silenzio è intervallato dai latrati dei cani, ascolto, una porta che sbatte, delle voci che accompagnano dei passi, una risata che si perde lungo la via.
Stasera potrei anche morire, mi sento bene, ho buttato i problemi al domani, ora sono solo io, semplicemente io.
Mi guardo mentre batto piano sui tasti, non ho pensieri, non ne voglio avere, semplicemente mi lascio respirare e questo mi basta.
Vivere non è cosa facile, accettare l'ignoto e il disagio del domani ti ferma sulla soglia del capire.
Tanto il domani non verrà, sarà per sempre oggi, sarà sempre adesso!
Questa sera è bellissima, la luna è quasi piena e splende in un azzurro che sa di mare,
il profumo dei fiori del mio gelsomino mi arriva a ondate, sento la vita correre come linfa ovunque, come acqua si spande e riempie.
Come acqua mi lascio andare, per stasera accetto di non chiedermi il perchè mi sento così, per una volta tanto mi sta bene così ...

domenica 16 maggio 2010

MICI E MICETTI

Photobucket


Venerdì sono nati i pelosetti di Maya, 4 piccolissimi batufoli argento blù.
Ero in ansia essendo questa la sua prima volta e  fino a pochi giorni fa non ero nemmeno sicura che fosse gravida.
Due mesi fa c'era stato l'incontro con Obi Wan, ma sembrava che alla mia dolcissima bimba la cosa non fosse piaciuta.
Maya ha un carattere schivo, timidissima e con la tendenza a nascondersi se in casa arriva qualcuno che lei non conosce, non come Tiffany che è di un'invadenza plateale.
Lei ama farsi coccolare quando sono a letto, il suo gioco preferito è quello in cui io le lancio un giochino e lei va a prenderlo per poi riportarmelo, si va avanti così fino che alla fine, stremata, faccio finta di dormire.
Ama farmi la danza "del latte" sulla pancia e farsi accarezzare la testa ronfando felice.
Pochi giorni fa la certezza della sua gravidanza, ma pensando a un solo gattino, troppo poca maya pancia.
Venerdì, verso mezzogiorno ha iniziato a miagolare forte, ho capito e ho preparato tutto.
L'ho messa nella cesta e da lì non si è più mossa, il travaglio è stato lungo e molto faticoso, verso le quattro la fase dilatativa era terminata.
Ora iniziava la fase più dura per Maya, tra una contrazione e l'altra vedevo spuntare un pezzetto di carne rossa, cianotica, non sapevo che cosa poteva essere, mai visto una cosa così.
Preoccupata aspettavo, quella cosa rossa che non capivo mi metteva un'ansia....
Alla fine durante una spinta più forte ho notato che era una linguetta, un musino con la bocca aperta che cercava di respirare!
Panico!
Se non nasceva in fretta sarebbe morto.
La faccina era libera di placenta e dunque vulnerabile, doveva nascere presto, Maya sembrava avesse capito l'urgenza e spingeva con la bocca aperta.
Con una spinta fortissima il piccolo è nato!
Sparato come un tappo di bottiglia, tutto intero e senza placenta, già miagolante e arrabbiatissimo.
Stavo tagliando il cordone ombelicale al primo che già il secondo si presentava alla porta della vita, Maya spingeva e basta, il secondo era avvolto dalla placenta e così ho avuto più tempo per fare le cose con più calma.
Il terzo è arrivato dopo pochi minuti, pensavo che fosse finita, ho pulito tutto, buttato via le placente cambiato i teli, finalmente potevo rilassarmi.
Ma mi sbagliavo, accarezzando la mammina mi sono resa conto che c'erano ancora le contrazioni, il quarto è nato facilmente, piccolissimo e perfetto!
Ora mentre scrivo la famigliuola si trova sotto alla scrivania in una cesta e mi fanno compagnia, omaya se  preferiamo, io faccio compagnia a Maya.
Sicuramente Maya ha bisogno di sentirsi protetta da me, ha bisogno di sapere che va tutto bene, quando i piccoli miagolano forte e si picchiano per accaparrarsi la tettina con più latte lei si alza miagolando e mi guarda non sapendo cosa fare.
Imparerà, ma ci vorrà qualche giorno, poi sarà una mamma perfetta!
 

 






19/05/2010



Purtroppo una piccolina non c'è più.
Pollicina questo il nome che le avevo dato, nome più lungo di lei, Polly allora.
Polly era quella nata per ultima, quella piccolissima e meno vitale.
Fino all'ultimo speravo di tirarla verso la vita, l'ho alimentata con il biberon, piano piano per due giorni ha mangiato poi ieri ha smesso.
Stamattina ho capito subito che Polly voleva lasciarmi, l'ho tenuta in mano accarezzandola tutta la mattina, Maya faceva finta di niente allora mi sono sostituita a lei.
Se ne è andata verso l'una, lasciandomi il suo piccolo corpo in mano, quell'abbandono mi ha fatto male e non mi vergogno a dirvi che se ne è andata mentre la baciavo e la bagnavo con le mie lacrime.
Ogni vita che si spegne lascia sempre un vuoto, lei era già Polly, era già amata e sarà per sempre la mia Polly.  


 

domenica 9 maggio 2010

FESTA DELLA MAMMA ?

Angelic Pictures, Images and Photos Da sempre non ho mai amato queste feste.
Feste fatte per spendere, ravanando tra sentimenti d'amore e nostalgia.
Da figlia ho sempre cercato di dimenticarmene ma senza mai riuscirci, sapevo che la mamma ci teneva.
La mamma, già, la festa della mamma, terribile inventare una festa così.
Tutti gli anni è un obbligo cercare di dimenticarla, difficile però con tutta quella pubblicità sbattuta in faccia senza nessuna pietà.
Fiori a gogò venduti per le mamme, rose recise che gridano la loro morte, rose senza spine e senza più profumo.
Mai regalato mazzi di fiori, piante, quelle si, segno di crescita e di speranza.
Una speranza che da figlia non capivo chiaramente, sicuramente il capirsi era difficile e non bastava un fiore a cancellare tutta l'incomprensione.
Non bastava un bacio dato solo per l'occasione e solo con le labbra.
Mancava il sapere dell'amore nascosto, mancava la mia umiltà.
Ora so che la scelta del non chiedere è stata sbagliata, da madre l'ho capito.
Da madre non ho mai dato importanza a questa festa, forse ricordando l'imbarazzo di quei baci?
Vorrei poter chiederle scusa di tutte quelle piante date senza biglietto d'istruzioni, senza le frecce per arrivare al mio cuore.
Un cuore che credeva di essere grande e adulto, capace di battere senza quell'abbraccio che vorrei tanto conoscere.
Ora so che è solo per paura che non mi va questa festa, troppi sentimenti in gioco, troppe domande senza risposte.
Domande che resteranno senza sorrisi o abbracci, finito il tempo dei perchè, è rimasto solo il tempo dei se....


giovedì 29 aprile 2010

NEL RICORDO ...

Fantasy Woman Pictures, Images and Photos Grande fesbuook, questo pensava Sandra mentre scriveva un nome.
Grande e anonimo, ma non tutti sapevano chiudere le porte e proprio su questo sperava lei.
Sandra che "viaggiava" come clandestina nelle vite altrui, spiava e leggeva tutto quello che le permettevano di fare e di rubare.
Un ricordo gironzolava dentro di lei, un amore?
No, magari un rimpianto di quello che poteva diventare.
Un ragazzo con il quale condivideva sogni e tanti discorsi, il primo capace di stupirla, l'unico, allora, a farla uscire dal suo buco di timidezza e libri.
Uno scambio continuo di lettere, mai d'amore ma di domande, le risposte poi non contavano.
Le risposte erano dentro di loro, l'unica certezza era solo scoprirle, e come tutti i ragazzi credendo che fossero alla prima svolta, alla portata di mano, bisognava solo aspettare il treno giusto.
Quante ore passate a parlare guardandosi negli occhi, si dimenticavano di baciarsi ma grande era l'unione di cuore e mente, tanta era la voglia di dire che pensavano di vivere già nel un futuro, illusi!
Come bambini credevano alle favole, magie del se e del poi, ricordi in riva al lago, zanzare assassine che lasciavano sui loro corpi una strada di bozzi urticanti.
Bozzi che diventavano niente se paragonati alla libertà del domani, dolore da domare  da ingabbiare e da nascondere, oppure da esibire con la richiesta di un tenero bacio.
Sandra clicca sul nome,  una miriade di nomi tutti uguali e foto tutte estranee.
Guarda Sandra, pensa a quel viso, bello e pieno di vita, di promesse e cerca lo stesso sguardo pieno di sogni, ricorda l'ultimo incontro, le lacrime sue chiuse su un libro che parlava di gabbiani infelici.
L'ultimo suo regalo, come dire che non si può tenere prigioniero un gabbiano, ricorda la dedica, struggente come ancora è lui nei suoi ricordi.
Ecco, trovato, bene la bacheca è aperta....
Entra piano, non vuole disturbare nessuno.....
Solo vuole sapere dov'è, cosa ha fatto, che sogni ha realizzato...
La foto la colpisce come un pugno!
Quasi un vecchio, una posa rigida, quasi tenesse dentro la pancia, i capelli sono spariti e quelle rughe parlano da sole.
La bacheca poi pullula di fattorie e giochi scemi, la corsa alla banalità ha colpito ancora, va avanti sperando di trovare almeno una parola di quei sogni fatti assieme.
Pagine su pagine di un grande niente!
Rabbiosamente esce da Fesbook e scaccia con rabbia le lacrime che segnano il suo viso, corre allo specchio e cerca.
Cerca quella ragazzina di 17 anni, risente la sua risata, e cerca di riascoltare tutti quei desideri.
Si guarda allo specchio e rimane colpita, i suoi occhi stanno guardando sempre quella ragazza.
Vede ancora quella ragazza e di una cosa è sicura, non ha mai smesso di credere ai suoi sogni, mai!
Fa niente se è  invecchiata, se ci sono stati giorni brutti e dolori grandi, lei sa che quella ragazza vive e tanto le basta.
Ritorna al computer e lo chiude quasi con dolcezza, capisce che i sogni sono belli proprio perchè il finale siamo noi a farlo, ma la realtà a volte può essere migliore.
Grazie VITA, grazie

giovedì 22 aprile 2010

SENZA TITOLO

Fantasy Pictures, Images and Photos Oggi ho dovuto decidermi, facendomi violenza ho aperto l'armadio.
Non so tu, amico mio, non so se hai mai provato quel dolore straziante
Quel dolore che ti inchioda davanti a una vita persa.
Quel dover per forza mettere a "posto" il vuoto che qualcuno ha lasciato.
Mi spiace, lo so, sono ripetitiva, oggi ho capito che sono troppo ripiegata su me stessa.
Sicuramente è stato il tuo messaggio a scuotermi, ogni mia certezza è volata via.
Non ho più certezze, da 5 mesi mi lascio vivere, il che è diverso dal vivere, lo capisci, vero?
Mi sono ritrovata a dire un mantra e nel medesimo attimo che lo pronunciavo sapevo che era tutta una farsa.
Tutto, tutto quello che io volevo, tutto quello in cui io credevo in un attimo non c'era, non c'è più.
Che senso ha continuare a respirare?
Che senso ha camminare se non sento un eco di passi accanto a me?
Passi che ho creato, passi che ho guidato, passi che si trasformavano in una gaia corsa finendo nelle mie braccia?
Che senso ha stare davanti a un armadio cercando un profumo che ben conosco?
Un profumo mescolato al freddo niente e che sta svanendo, non così il mio dolore.
Pensavo che il tempo mi fosse amico, ho aspettato, ho girato alla larga dall'armadio, ho aspettato e ancora aspettato.
Ma ho visto che bastava una parola, uno sguardo e il tutto ricominciava.
Da raccogliermi con il cucchiaino come ti ho scritto.
Non so nemmeno il perchè scrivo, mi sento così piccola e inutile, forse perchè mi sento in colpa.
Sicuramente ho fatto mille e mille sbagli e questo non giustifica nulla, anzi, dovrei essere più forte e sbagliare meno.
Ma come vedi non ho imparato nulla, resto sempre e solo un cuore aperto, non chiedo niente, non ho mai chiesto sconti a nessuno.
So che davanti a un armadio pieno di vestiti e di ricordi ci dovremo confrontare tutti, chiedo solo un attimo di silenzio e di comprensione.
Fa niente se le nostre strade si divideranno, fa niente se resterà il rimpianto di una mai sentita risata, fa niente se nemmeno le lacrime ci uniranno nel leggere questa frase, per me resterai sempre il mio Fratellino.
Scusami, ho sbagliato permettimi un abbraccio grande,
con stima,
Cesy

venerdì 16 aprile 2010

SPACCIATORI DI LENTI...

occhiali Pictures, Images and Photos L'altro giorno ero alla fermata del pulman ad aspettare mia figlia che tornava da scuola, al suo arrivo ho osservato il popolo alieno di cui era carico.
Adolescenti tutti rigorosamente "attaccati" a fili!
Tutti collegati a strumenti che li isolavano ma che li facevano appartenere a  un branco.
Chi al telefonino, ma i più  erano collegati con delle cuffie per ascoltare la musica.
Sicuramente la stessa musica, solo che ognuno la ascoltava  da solo.
Questo mi ha fatto ricordare una cena fatta con amici  e alla tavolata davanti a noi, tutti ragazzi.
Una tavolata di adolescenti che ha continuato a uscire a fumare e a parlare al telefonino, con stupore notavo che al tavolo nessuno parlava con nessuno, troppo impegnati a parlare con gli assenti!
Questo mi ha fatto riflettere, anche noi adulti stiamo rubando questo modo di fare, anche con lo scrivere, ormai la kappa è regina.
Anche noi dei blog cerchiamo solo l'apparire, il commento e l'adulazione.
Anche noi siamo spacciatori di sogni, ci proponiamo al meglio, quasi fossimo dei mercanti che devono vendere al miglior offerente.
Ma come adolescenti abbiamo paura del confronto diretto, ci inventiamo mondi e vite parallele, creiamo verità sognate e cerchiamo chi ci possa credere.
Ammettiamolo, siamo semplicemente spacciatori di lenti, magari solo per vedere cuori contenti, i nostri!
Come dice un mio caro amico, nel web niente si distrugge, anche un'imbranata come me riesce a rintracciare una traccia lasciata anche anni fa,
Verità che deludono e divertono.
In fondo siamo tutti degli adolescenti che continuano a sognare, il che è sempre positivo ma dice il nostro limite.
Non siamo dei maestri, siamo solo e sempre degli esseri umani che cercano di essere migliori ai nostri miopi occhi.
Spacciatori di lenti lo siamo un pò tutti, abbelliamo la nostra realtà per renderla migliore a noi stessi, per farci sentire degli eroi, peccato che a volte ci dimentichiamo di quel post scritto 3/4 anni fa in cui dicevamo tutto il contrario dell'oggi.
Sicuramente si può sempre cambiare idea, come spacciatori di occhiali è permesso, quando
si vuole fare il mondo contento!

sabato 10 aprile 2010

RINASCITA


 SiPhotobucket, la primavera finalmente è arrivata.
Oggi sono stata a Ponte Caffaro dove ho lavorato con qualche difficoltà dovuto al mio solito mal di schiena.
A Pasqua sono stata via, in Toscana, e mi sono concessa tutto quello che ho potuto vedere e fare, visitare l'Argentario e pranzare in riva al mare, questo il sabato con una giornata splendida.
La domenica sembrava Novembre, tanta pioggia e nebbia, così siamo andati sul monte Amiata dove nevicava di brutto.
Abbiamo gironzolato a lungo  immersi in paesaggi surreali tra solfatare e monti persi nella nebbia dove gli alberi sembravano vecchi saggi con braccia tese a rimproverarci.
IL lunedì, alle Terme!
Saturnia è fantastica, un pò meno i suoi prezzi, certo ci sono le cascatelle che sono anche più belle ma c'era una ressa che non vi dico.
Camper accampati ovunque e gente in accappatoio che usciva e entrava nei fossi come se fosse la cosa più normale del mondo.
Certe scene da ridere oppure scappare, fate voi, ritrovarsi davanti all'improvviso uno che  salta fuori da un fosso tutto ricoperto di fango fa una certa impressione.
Oppure vedere tutta una famigliola in costume da bagno sotto una pioggia torrenziale  che educatamente ti fa un gesto con la mano per farti capire che vogliono Photobucket attraversare....
Alle terme ci siamo stati quasi 6 ore, poi puzzolenti di uova marce e stanchissimi ce ne siamo andati in agriturismo dove la sig. Giuliana ci ha invitato a cena con loro.
Ormai siamo amici, sono 8 anni che andiamo ogni anno e Poggio Petrella è quasi casa.
La sig. Giuliana come cuoca è favolosa, certi pranzi che solo a ricordarli mi fanno stare bene.
Una cucina alla "buona" come la chiama lei, ma ragazzi, sapessi cucinare così io...
Martedì partenza, una tappa a Montalcino per prendere un pò di Brunello, poi di nuovo a S. Galgano, Dario voleva rivedere la basilica e la spada piantata nella roccia.
Il venerdì quando siamo passati c'era troppa gente, speravamo che il martedì fosse deserta, ma non è stato così, anzi, c'era un sacco di gente in più!
Allora siamo ripartiti e siamo risaliti verso casa, ma le troppe ore di macchina hanno lasciato il segno.
Il mal di schiena è un dolore che mi accompagna sempre, forse il lavoro iniziato quasi da bambina ha fatto si che la mia colonna vertebrale subisse dei danni, fatto sta che a vent'anni o poco più ho dovuto affrontare un ernia discale.
Un operazione molto dolorosa con relativa puntura lombare e il tutto nel reparto di ortopedia.
Mi è andata bene, ma da allora il mal di schiena è diventato mio amico.
Un amico che blandisco con Aulin o Photobucket Voltaren cercando di non ascoltare il mio stomaco.
Oggi ho tagliato l'erba e fatto giardinaggio e ora sono quasi bloccata, meno male che domani è festa, così mi riposerò.
Le "mie" rondini sono arrivate e le loro grida fanno sorridere, c'è battaglia per l'accaparrarsi i nidi migliori, nel cipresso la merla sta covando, il suo compagno le porta il cibo che io ho messo a sua disposizione.
Sulla terrazza fanno bella mostra le piante che ho comperato in Toscana, quella specie di rosmarino che profuma di liquerizia, incredibile, basta bagnarle e lasciano andare un profumo che sa di mare e di nostalgia....
Mal di schiena a parte.
 

 
 

domenica 28 marzo 2010

ANTONIETTA

Photobucket Stanotte non riuscivo a dormire, il tuo ricordo ingigantiva dentro di me.
Ho provato a "vederti" e con stupore non ci riuscivo, pensavo alla tua voce, al tuo sorriso e spaventata mi sono accorta che stavi svanendo.
No, non è possibile, non voglio dimenticare niente di te, devo ritrovarti, devo tenerti ancora con me, lasciarti andare sarebbe farti morire veramente.
Con paura ho ripensato a quei giorni, tienimi la mano e aiutami a non mollarti.
Stanotte ho percoso il tuo calvario.
Sono sicura che ognuno di noi ha il suo Golgota , ognuno di noi dovrà fare i conti con il proprio vissuto.
Tu hai percorso questo periodo in 10 lunghissimi giorni.
Dieci giorni in cui ero spettatrice.
Dieci giorni vissuti a chiedere miracoli a un qualsiasi Dio.
Ho letto un libro, molto bello, in cui parlava di un impotetico paradiso, diceva che per riconoscersi tutti saremmo stati fisicamente fermi a 25/26 anni.
Ecco ho pensato, tu non dovrai mentire sulla tua età, tu avrai sempre  26 anni.
Sarai sempre giovane e avrai sempre il sorriso della vita.
Sabato come 23 anni fa, l'ora da portare avanti e tu che morivi proprio su quell'ora.
Ti avevo visto sul monitor,  piccola ragazza persa in un mare di dolore,
non c'era più la Speranza al tuo capezzale, non c'era niente nel mio cuore.
Tornando a casa pregavo, io che non ne sono capace, pregavo.
Pregavo perchè tu morissi .
Pregavo affinchè quel tormento avesse fine, ormai lo sapevo l'epilogo!
Anche i medici non parlavano più, non c'era più niente da dire, da spiegare o da sperare, si pregava perchè   tutto finisse in fretta.
La telefonata alle 23,30 era attesa, ma poi lo stupore del medico, il suo incredulo "aspetti, si è ripresa..."
un altro colpo al cuore  un alternarsi di sentimenti impazziti, un caotico girotondo di preghiere e di speranze....
Poi la tefefonata, l'ultima e la più temuta.
" signora mi spiace se ne è andata....."
Finalmente, finalmente...
Finalmente potevo piangerti senza più sperare.
Finalmente eri in pace, finalmente potevo pensare al mio dolore ....
no, non ancora, dopo, troppe cose da fare..
Entrare in ospedale piano, senza più aspettative, aspettare  che ti portino fuori dalla Prima Rianimazione, avvolta come un salame per non fare vedere come eri ridotta.
Solo il viso si vedeva, il tuo viso, ti ho accarezzato a lungo, ti ho baciato e ribaciato, sapevo che sarebbero stati gli ultimi baci, già domani non ci sarei più riuscita.
Domani saresti stata fredda e già così lontana da noi, ma ora su quella barella, stretta in quei teli tenuti da nastri eri ancora nostra, per poco ma eri nostra.
Non volevamo abbandonarti, non volevamo lasciarti portare via, in disparte c'erano i portantini dell'obitorio, guardavano a terra, chissà quante volte avevano vissuto la stessa scena.
Alla fine abbiamo dovuto andare via, ma sapevamo che toccava a noi avvisare mamma e papà, ma  quella notte no, per una notte li abbiamo lasciato l'illusione che tutto potesse tornare ancora a sorridere.
La mattina di quella domenica era splendida, ricordo il sole  che illuminava le nuvole e io ti immaginavo mentre salivi in alto  cavalcioni alla tua moto.
Anche l'urlo della mamma è rimasto appeso al silenzio di quella mattina, anche il suo nuovo viso vecchio, come se un aratro avesse inciso sulla sua pelle  solchi su solchi seminando solo e sempre dolore.
Ora posso piangere, ora ho tempo di farlo, scrivendo tutto ritorna, rivedo il tuo sorriso e sento la tua voce.
Non eri poi così lontana, sei sempre dentro di me,
ora accenderò la candela, la più bella, ciao sorellina, buona domenica.

martedì 16 marzo 2010

COME UN'APE ....

Fantasy Woman Pictures, Images and Photos Se dovessi dire a quale animale assomiglio direi senza esitare a un'ape.
Sono un'ape, mi sento un'ape.
Sono quella che guarda e annusa, mi avvicino piano e ascolto le vibrazioni che emanano le persone.
Chiudo gli occhi e lascio che la mia aura spazi in cerchi senza freni, cerco il nettare più buono, quello che mi fa vivere.
Come una ladra succhio il miele della vita in ogni suo essere.
Sono quella che vaga alla ricerca del sapere e del vivere piano.
Volo da persona a persona e prendo quello che mi offrono, la loro allegria diventa la mia, il loro dolore lo metto sulle spalle e li aiuto nel difficile cammino.
Li aiuto sapendo che il torna conto sarà alto, una consapevolezza del vivere giorno per giorno come meta da raggiungere assieme alla gioia di avere vissuto.
Come un'ape cerco il sole ma amo la notte più buia e fredda, perchè nel gelo vivono i ricordi più lunghi e antichi.
Come un'ape mi ubriaco di serenità e di certezze, salvo poi buttarle al primo dubbio che mi strazia il cuore.
Come un'ape cerco rifugio in arnie non mie, credi fatti su misura e per i quali non ho mai pregato.
Da sempre inginocchiata all'altare del chiedere, del dubbio e del sapere, snobbata da sempre dalla verità, come un'ape cerco furibonda di fare male.
Restia a pungere sapendo che ne morirei, ma sempre pronta a partire in guerra.
Come un'ape succhio il disagio di essere così, sbagliata e ingombrante nella mia sola e sempre mille vite.....