venerdì 25 giugno 2010

Maturità

Adoro leggere Pictures, Images and Photos Sto vivendo la maturità di Mara, inutile dire che sono emozionata.
Mi trovo a essere io quella più agitata, Mara è serena e tranquilla, sicura di se e del suo sapere.
Quella che non dorme e che si alza alle 5 di mattina sono io.
Io che sto vivendo attraverso mia figlia una cosa che avrei voluto fare, studiare mi piaceva ma non ho avuto possibilità di farlo.
Problemi economici e il bisogno di una busta paga in più in famiglia non mi ha permesso nemmeno il sogno di poter pensare oltre le medie.
Un desiderio che mi è sempre rimasto e che mi ha portato a pensare a quello che ho perso in termini di cultura.
Lo so che non è importante ma mi rendo conto del mio non sapere, ancora chiedo spiegazioni a Dario, ancora vado a cercare il significato di una parola e ancora sbaglio (e tanti di voi me lo fanno notare), con l'acca poi, sono sempre in guerra!
Ricordo che appena finite le medie era venuta a casa mia la prof. di italiano con suo marito che era direttore dell'ospedale di Desenzano, avrei potuto studiare da infermiera come interna.
Io già saltavo sulla sedia ma mio padre fece solo una domanda, "prenderà dei soldi?"
No, niente soldi, era già un privilegio poter accedere a questi corsi a costo zero e con un lavoro sicuro.
Allora niente studio, mi aveva già trovato un lavoro in un'officina.
Un lavoro che distava da casa 10 km. e che per 8 mesi ho fatto in bicicletta.
Una bicicletta da uomo, quelle con la stanga in mezzo, difficile da usare perchè essendo piccola arrivavo a malapena a mettere per terra le punte dei piedi.
Otto mesi, la mattina partivo alle 5 e mezzo per iniziare alle sei, a pranzo mi mangiavo un panino e poi alle sei la sera ripartivo stanchissima verso casa.
Otto mesi per arrivare a dicembre dopo c'è stato il mio primo motorino, non era un regalo di Natale, era perchè si poteva comperare.
Ma poi si vede che era destino che sarei dovuta entrare a lavorare in ospedale visto che a distanza di 7 anni ci sono andata.
Ora seguo questa tappa importante di  mia figlia e mi commuovo, con la prima prova scritta ho indovinato la traccia che ha scelto, anche la seconda prova è andata, oggi c'è la terza, secondo lei la più tosta.
Più tardi la porto a Brescia e speriamo che sia una prova facile, il tempo è poco, 2 ore, e lei scrive sempre tanto....
Non importa come uscirà, io so che quest'anno ha una battaglia molto più dura da vincere, ma so anche che siamo sulla buona strada e dal suo sorriso ho capito che lei ne ha la consapevolezza.
Forza Mara, ti siamo attorno, ti abbracciamo e ti stringiamo con una coperta fatta di un amore infinito.
Non un telo soffocante e stretto ma un velo trasparente dove tu puoi vedere il tuo percorso e camminare sicura della nostra protezione fino a quando tu ne avrai bisogno.
Buona vita piccola mia



domenica 13 giugno 2010

STORIA DI UNA MORTE BIANCA

morte? Pictures, Images and Photos Chissà perchè si sentiva così strana, pensava Paola mentre guidava velocemente verso la casa dei suoi genitori.
Strana non era la parola giusta, arrabbiata, ecco forse definiva meglio quel sentimento che la stava invadendo.
Le telefonate di sua madre erano una rarità, quando chiamava era solo perchè qualcosa non andava e questo a lei non piaceva.
Non le piaceva essere messa ai margini della famiglia, anche se in verità era stata lei a scapparne via in fretta e facendo ben capire i suoi confini.
Confini circondati  da mura altissime, dove nessuna scala sarebbe bastata per raggiungerla.
Ma anche questo era solo una richiesta di essere conquistata, solo che "loro" avevano accettato tutto questo con un sospiro di sollievo, una figlia in meno, un problema in meno.
Ma quando c'era un problema si ricordavano di Paola, forse perchè lei correva sempre, forse perchè lei inconsciamente cercava ancora la loro approvazione e il loro amore.
Anche quel pomeriggio era stato così, Paola stava correndo perchè sua madre le aveva telefonato, naturalmente piangendo, dicendo che papà doveva fare l'esame istologico dell'espettorato.
Brutto segno, anzi bruttissimo segno pensava Paola, dopo anni passati a lavorare in ospedale sapeva come andavano le cose.
Arrivò a casa e trovò sua madre sul divano che piangeva e suo padre smarrito tra un mucchio di carte e esami scritti in "medichese", con lastre fatte recentemente e tutte negative.
Cercò di ricostruire tutta la storia, dalla tosse persistente a quelle tracce di sangue che però non sembravano proprio sangue, sembravano ecco.....
Paola che nonostante fosse in pensione conosceva tanta gente che ancora lavorava in ospedale, sapeva come muoversi e non perse tempo.
Con una telefonata in anatomia istologica fissò già all'indomani la consegna del prelievo, poi chiamò la caposala della Pneumologia e fissò una visita con il primario.
Ora bisognava solo aspettare, già, aspettare e pregare.
Quella notte Paola non riuscì a dormire, già una volta, anni prima c'erano state tantissima corse, già una volta papà era stato toccato da vicino da quel male schifoso ma allora erano riusciti a batterlo.
Alle 8 erano già in ospedale, tre barattoli sterili consegnati quasi con vergogna ma con l'urgenza negli occhi, presto, fate presto....

giovedì 3 giugno 2010

NON BASTA L'AMORE

depressione Pictures, Images and Photos Si alzava prestissimo, a volte anche alle 5, il corpo già proteso verso il fare del giorno ma con l'angoscia del non riuscirci.
Si alzava e in fretta preparava l'inizio del giorno, ma più i minuti passavano più quella sottile ansia l'invadeva, guardava le lancette dell'orologio e le regalava ancora un minuto.
No, si regalava a lei stessa ancora un minuto.
Ecco, di più non poteva aspettare, allora chiamava piano e con dolcezza sua figlia.
Sua figlia che sembrava persa in un gorgo di dolore e che niente riusciva a scuotere.
Sua figlia che annegava nelle sue lacrime, sua figlia che camminava con le spalle curve, come se portasse un peso enorme.
Sua figlia che abbracciandola poteva contare tutte le ossa del  corpo.
Ossa che spuntavano come legni, tesi e duri a gridare un dolore che non riusciva a capire.
Un dolore immenso, un dolore che lei non riusciva a curare, tentava e ritentava ma era come rimbalzare contro un muro.
Un muro fatto solo di nebbia, ci si poteva perdere, poteva perdere quella figlia così voluta e amata.
A niente servivano i vari trucchi per farla mangiare, a niente serviva riempire la casa di "schifezze" , la non fame, la non voglia di vivere era ovunque.
Quanto avrebbe voluto poterla proteggere!
Riportarla dentro di lei e ninnarla come faceva allora, quando la sapeva al sicuro e tutta sua, quante favole le raccontava e quanta felicità le prospettava.
Allora era la fata buona, solo felicità salute e bellezza le regalava, ma ora cosa era successo?
Chi era la fata cattiva che stava uccidendo sua figlia?
L'avrebbe sbranata con i denti e con le mani se solo sapesse chi era.
Guardava sua figlia nel letto, sepolta sotto il piumone nonostate facesse caldo, il freddo era dentro il suo cuore e niente sembrava scaldarla.
La guardava piangere, l'ascoltava mentre diceva piano "voglio morire", e davvero lei moriva.
Moriva con questa figlia che sentiva lontana ma così vicina da sentire quel dolore senza un perchè, l'abbracciava e le sue mani tremavano su quelle lacrime che piano piano si mescolavano alle sue.
L'impotenza del non poterla aiutare la distruggeva, la teneva legata a se con la corda dell'amore, solo quella, una corda sottile fatta di ricordi, di risate e giorni felici e il parlare.
Un parlare fatto piano, sottovoce e intervallato da silenzi, come se ogni parola fosse una goccia che aveva bisogno di tempo per essere assorbita da quel cuore sofferente.

Parole sempre cercate con cura, come le carezze, fatte piano, quasi con pudore.
Il pudore di chi ha paura di sbagliare, si sa, a volte ci si sbaglia per il troppo amare, si pensa di sapere tutto, di guarire tutto, anche l'anima.
Ma non sempre basta una coperta fatta solo d'amore....