lunedì 29 giugno 2009

CINZIA 3

d Pictures, Images and Photos

La nostra storia piace, sai Cinzia?


Pochi si sono resi conto che non è una storia ma realtà.


Oppure si, è un racconto di una vita, la tua, la mia la sto ancora scrivendo vivendola, tu no.


Tu, Cinzia, ti sei fermata a 25 anni e sei diventata un foglio scritto solo di nostalgia e ricordi, una storia da raccontare per ricordarmi che anch'io ho avuto 18 anni e tanta tanta fortuna!


Culo dicevi tu, ci volevano le palle per vivere come facevi tu, a volte ti invidiavo, ti guardavo e vedevo tutto quello che io non ero e che avrei voluto essere, almeno per un'ora.


Bella e intelligente, e sempre pronta a buttare all'aria il mondo, io sempre  cauta, ponderavo le cose, le studiavo sotto mille aspetti diversi e poi trovavo il modo di salvare capra e cavoli.


Quante volte mi ci hai mandato a quel paese per questa mia capacità, alla fine il nomignolo di "zia" me lo hai appioppato proprio tu!


Ero la "zia", quella delle menate, quella che ti teneva a discutere per una cazzata, ma era un modo per crescere, per diventare adulte.


Poi che cosa è successo?


Va bene, c'erano le canne, le manifestazioni e i discorsi sulle brigate rosse, ricordi? Angelo veniva giù da Trento con dei ciclostili e noi lo prendavamo in giro, che cretine che eravamo.


Ma poi che è successo?


Lo sai, e anch'io lo so, tutti lo sanno, o almeno quelli che sono riusciti a scappare fuori dal cerchio del Pifferaio matto!


Il Pifferaio matto che tentava tutti, così come il serpente della bibbia tentava Eva.


Lui e la sua mela chiamata eroina.


Come una lunga serpe bianca è entrato nella nostra vita, nella nostra compagnia, raccontava favole per chi era triste o incazzato e a tutti dava la stessa ricetta.


Ho lottato tanto, fino a diventare afona, ma per te lo sono sempre stata, ti incantava il Pifferaio, ti piaceva fare la dannata e maledetta e così ci hai trovato più gusto.


Ti bucavi e ti piaceva, sei sempre stata onesta su questo punto, non hai mai dato la colpa alla famiglia o alla schifosa società, lo facevi perchè ti andava bene così e basta.


Ti guardavo e non ti parlavo nemmeno più, era inutile, eri in un mondo che non capivo e che non volevo, diventavo invisibile oppure eri tu a sparire?


martedì 23 giugno 2009

CINZIA 2

la solitudine Pictures, Images and Photos

Già, altre canne, altri problemi.


Tutto si riduceva semplicemente al non pensare, non vedere che sbagliavi, tanto lo sapevi.


Quante volte nei nostri discorsi ne avevamo parlato?


Ti ricordi, Cinzia, con quanto disprezzo trattavamo chi si buttava via, chi andava avanti con canne e alcol?


Noi no, noi eravamo diverse, noi eravamo le "pure", si discuteva su tutto, niente ci faceva paura.


Ricordi le sere dei picchettamenti davanti a quella fabbrica, ricordi come io mi nascondevo quando usciva mio padre, e tu ridevi, madonna, quanto ti odiavo quando facevi così!


Mio padre che nemmeno sospettava della mia presenza, lui che in casa parlava da "rosso" ma che con una famiglia di 7 persone non poteva permettersi di mettere in pratica il suo pensiero.


Quanti come lui, ti ricordi?


Lavorare meno, lavorare tutti!


Ricordi quella sera quando noi credendoci grandi e più intelligenti di quegli uomini sudati e stravolti li abbiamo fermati dandogli dei crumiri?


Ricordi la loro espressione, la loro rabbia e il loro parlare, la cosa a distanza di anni mi fa ancora male, ma mi fa anche sorridere, quanto eravamo sciocche e stupide!


Bisogna passarci per capire, bisogna sapere quanto costa un kilo di pane, un litro di latte, ma sopratutto avere una famiglia che conta solo su di te.


Tu sei il pane e il latte, non importa quanta gente è senza lavoro, tu ce l'hai e fai 10, 12 ore al giorno, e fa niente se le ore straordinarie sono pagate poco, l'importante è portare a casa soldi, anzi, pane e latte!


Ricordi quegli uomini?


Ci davano ragione, ma la famiglia veniva prima dei sogni.


Andavamo in piazza con la maglietta del Chè, cantavamo bandiera rossa e ci sentivamo eterne e invulnerabili.


Quanti sogni, quanti discorsi e quante menate che ci facevamo sempre, trovare un perchè a qualsiasi cosa, tutto girava e cambiava in continuazione, solo la nostra amicizia era un punto fermo.


Tutto fino a che tu hai iniziato a mollare, quanto ti ho disprezzato, mi sentivo tradita, volevo fartela pagare, ho cercato una scusa plausibile per il tuo comportamento ma non c'era.


Tutti noi vivevamo in un mondo così, ma stava a noi dire di no, stava a noi capire quando fermarci, e tu Cinzia, perchè, perchè non ti sei fermata? 


A distanza di tanti anni fa male solo scrivere il tuo nome, eppure cerco di andare avanti, di dirti tutto quello che non ti ho o forse non ho voluto dirti.


Cinzia  Cinzia  Cinzia

martedì 16 giugno 2009

CINZIA 1

Hate Pictures, Images and Photos

Cinzia ricordava bene il suo primo spinello.


Come poteva dimenticarselo?


Era la sera del 28 maggio del 74, il giorno della bomba,


Andava a scuola guida, finalmente era una 18enne e questo comportava la patente.


Suo padre su questo non poteva dire di no, erano già troppi i suoi ingiustificati no!


Allora si diventava maggiorenni a 21 anni, uno schifo!


Ricordava bene quella sera, gente che piangeva, che si abbracciava sgomenta, e dentro di lei una rabbia che cresceva a dismisura.


Una voglia di fare a botte, di spaccare tutto, i neri, i maledetti neri.


Quelli che giravano in vespino, quelli che si vantavano nel far vedere le catene, il loro simbolo.


Ragazzi sempre ben vestiti, sempre con i soldi in tasca, sempre pronti a bloccarti contro ad un muro per palparti le tette.


Cinzia era stufa di rispettare il perbenismo del suo mondo fatto solo di paura,  di abbassare il capo, di scantonare, di far finta di non vedere e di non sentire.


Quella sera si era arrivati al punto di non ritorno, lei lo sapeva, consapevole solo del suo dolore seguì Marco piangendo per i morti, piangendo per i suoi sogni e non certo per il suo futuro.


Lo sapeva che Marco si faceva di canne e a volte di trip, ma non era la sera di fare menate, così lo seguì.


Dalla Rossa c'erano tutti, sgomenti e incazzati, parole e bestemmie riempivano il locale, tra le mani le arrivò lo spino e stavolta al posto di passarlo se lo portò alla bocca.


Aspirò forte,  il fumo la stordì, tossi pure forte ma non mollò la presa, aspirò come se dovesse respirare dopo essere rimasta a lungo con la testa sott'acqua.


Ritornò alla superficie come un tappo di sughero, la testa leggera e finalmente senza pensieri, il suo primo spinello, lo sapeva che ne sarebbero seguiti altri, ne voleva altri.  

martedì 9 giugno 2009

NONNA ANGELA

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Era una nonnina piccola, simile a quella che si trova sempre nelle favole.


Un corpo minuto che spariva negli abiti sempre troppo grandi per lei, ma anche infagottata attirava l'attenzione.


Erano i suoi occhi a colpire, simili a cieli azzurri di primavere ormai dimenticate.


Mi piaceva parlare con lei, ascoltarla mentre le pettinavo i fragili capelli bianchi e sentire i suoi ricordi attraverso il suo respiro.


Mi parlava piano, a volte si fermava e mi  guardava con uno sguardo vuoto, allora capivo che era in un mondo dove io non potevo seguirla.


Un mondo fatto di dimenticanze, dove a volte io diventavo sua figlia e tutto era gioia e carezze, altre volte diventavo il suo incubo più atroce e allora  erano urla e morsi.


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Già l'alzaimer, malattia schifosa, quella che ti spegne giorno dopo giorno, ricordo dopo ricordo, quella che ti ruba l'amore e ti lascia solo la vergogna.


La vergogna dei figli che non capiscono come tu possa diventare un ammasso di carne urlante  immersa nella tua stessa urina e  giocare con le tue feci.


Nonna Angela se ne andava così, ogni giorno un pò di più, si dimenticava di aver fame e sete, si dimenticava di vivere.


A tratti emergeva da quell'oceano di nulla e allora le parlavo dei suoi figli, come una cantilena ripetavamo i loro nomi,  lei mi diceva di loro, di quanto li amasse e di come sentisse la loro mancanza.


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Una mancanza che era fatta di silenzi imbarazzanti, di sguardi cupi e colmi d'ansia, dove era finito l'amore?


L'amore e la tenerezza, quella cosa chiamata famiglia, quel cerchio che inizia nella pancia della mamma e che dovrebbe finire con noi figli che aiutiamo i nostri  genitori, amandoli e rispettandoli sempre.


Sempre e non fa niente se non ci riconoscono, siamo noi a conoscere loro e tanto basta, non serve scappare o voltarsi dall'altra parte, siamo sempre figli e dopo genitori.


 



 

giovedì 4 giugno 2009

UN MATRIMONIO


Mirko e Raffaella si sono sposati!


Chi è passato spesso a trovarmi sa chi sono, due belle persone che fanno parte della mia vita.


Martedì 2 giugno nel municipio di Soiano del lago si sono detti si, ma al posto del sindaco c'era un loro carissimo amico, delegato per l'occasione.


Festeggiati da amici e parenti, ma sopratutto dal loro splendido bambino, Edoardo, una festa unica, continuata per tutta la giornata in un clima rilassato e sereno.



Auguri ragazzi e tanta serenità,  che l'amore vi accompagni sempre per tutta la  vita e anche oltre.