sabato 31 dicembre 2011

Cambierà davvero?

Tutto è ormai pronto, il sugo con i funghi è pronto, Dario sta cuocendo la tagliata, la tavola è già apparecchiata e io sto male!
Spero solo che domani sarà davvero diverso, che la serenità trovi la strada per raggiungermi e che mi trovi così bella da non lasciarmi mai, mai più.
Anche il cielo è strano, mille nuvole e uno spicchio di luna che si fa beffe della premura con cui invito Kora ha fare i suoi bisognini sulla terrazza.
Anche un cane capisce la bellezza del buio, niente fretta ma uno sguardo simile al mio al cielo.
Dove sei serenità?
Sarai tu o sarà il solito mostro a sedersi alla nostra tavola/vita domani?
Quanto dovrò lottare ancora per vincere una battaglia che so che sarà mia in ogni caso?
Stanotte chiamerò le mie sorelle e tutte quelle arti nascoste e griderò senza voce, pregherò senza averlo mai fatto, urlerò un dolore sordo a ogni medicina, chi mi sentirà?
Ultimo giorno di un anno inventato da uomini per imbragare la propria paura, la mia paura, come un'adolescente riinventerò poesie piene di sogni e desideri, ascoltami o futuro!
Ti voglio come amante giorno sempre luminoso, respiro di sole e gioia ti voglio come amico ti voglio gustare come un nettare che ancora non conosco.
Ti concedo ancora poche ore tristezza, poi domani sarà la vita e la guarigione, ci credo, ci voglio credere.
Buon anno a tutti e scusate se sto piangendo..... |

martedì 13 dicembre 2011

Ma che casino sono riuscita a fare, però in qualche modo mi sembra di avere tutti i miei vecchi post anche su questa piattaforma.
Non è che ne sia entusiasta, non riesco a capire come funziona e non so quale casa sia meglio.
Mio figlio dice che è indifferente per gli amici, che una casa vale l'altra ma non ne sono convinta, mi ci vuole tempo per capire dove stare, intanto vado avanti così.
Ricordo quando ho iniziato su splinder è stata una sfida enorme per me, mai toccato un computer, oddio, vero che se non ci fosse Dario sarei naufragata subito.
Ricordo il colpo di fortuna nel trovare il mio template e l'intuizione nel postarlo, perfetto per me, l'emozione del primo commento, la ricerca affannosa del rendere bella quella mia casina.
Le mille cose messe dentro per poi toglierle e lasciare solo quello che veramente era mio, una "grotta" dove mi rifugiavo per scrivere di me, racconti sempre veri sotto tag bugiardi, per questo non voglio perdere niente.
Un testamento, ogni brano dice di me, di come sono e di quello che ero.
Un percorso lungo tanto la mia vita, basta leggermi per trovare il mio vero essere, certo chi non mi conosce può pensare che io sia una persona triste e buia, no, non sono così.
Sono una donna che sa cos'è e che cosa vuole, sono circondata da tanto amore e sono capace anche di darlo, magari in un modo non proprio giusto ma ne perdo anche per strada.
Non sono capace di essere indifferente al dolore altrui, se vedo una persona in difficoltà non riesco a girare la testa dall'altra parte, certo questo ha portato anche a dolori non miei, dolori che potevo evitare ma dentro me c'è tanto spazio.
Spazio per ogni sfumatura di sentimenti, l'amicizia e la consapevolezza dei propri sbagli, la tenerezza di una carezza, la difficile parola del perdono, il dare sempre un'altra possibilità, chiudere solo gli occhi e non il cuore a persone amate, l'accettarsi di non essere perfetti, capire le proprie mancanze e abbracciare ogni giorno ringraziando un Dio che ancora non conosco.
Anche ora è l'inizio di una nuova avventura, un progetto che mi stimola e che mi fa bene, spero solo di imparare in fretta....


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POST VECCHI

13
dic
2011

La bimba era già a letto nonostante il sole battesse ancora sui vetri della finestra.
La mamma era stata categorica, "a letto presto presto, domani mattina ci si alzaa alle 5!".
Che avventura, pensava Lisa nascondendosi alla luce, il corpo avviluppato da coperte fatte a capanna attorno a lei.
Domani avrebbe preso il pulman e sarebbe andata a trovare i nonni!
Un viaggio lungo quasi una giornata, una storia da raccontare lunga lunga a compagne invidiose e antipatiche.
Pensando a loro quasi si dimenticava di chiudere gli occhi e di chiamare il sonno. sempre sorridendo scivolò nel sogno.
La sveglia trillò nel silenzio di casa, Lisa come una molla corse a prepararsi, bastò poco, tutto era già pronto, la mamma chiuse la casa e preso in braccio la sorellina più piccola si avviarono a piedi.
I loro passi rimbombavano per le vie deserte del piccolo paese, solo le rondini mattiniere come loro le guardavano passare stupite.
Già il sole spuntava dalle cime colorando di rosa le nuvole, Lisa era felice mentre guardava il grosso pulman fermo ad aspettarle.
Veramente non le stava aspettando, era l'ultima fermata il quel paese aggrappato alle montagne.
Un paese dove anche la strada si fermava contro il nulla, il pulman era l'unico mezzo per scendere alla civiltà.
Lisa scelse il posto vicino al finestrino, si sistemò con cura assicurandosi di potere vedere bene in ogni direzione, erano solo loro, tre femmine e l'autista.
Il via fu dato con uno strappo potente, Lisa rabbrividì, era fatta, era in viaggio!
Tutto era nuovo, gli alberi sembravano rincorrerla, non la volevano lasciare andare, per un attimo Lisa pensò di cadere nel buco che le si era formato dentro.
Un vortice di piacere e di ansia, il sobbalzare dell'autobus mentre girava quasi su se stesso in curve strette e costeggiate di dirupi faceva si che il respiro per un attimo smettesse di uscire.
Agrappata al finestrino ammirava il veloce scorrere del panorama, a ogni paese c'era la fermata e il pulman piano piano si riempiva.
Gente che andava al lavoro, Lisa li guardava con curiosità, sembravano già stanchi con vestiti vecchi e le mani callose messe a mò di cuscino sotto la guancia, qualcuno si addormentava.
Donne che andavano al mercato con i loro abiti migliori, sprofondate nei sedili a parlottare fra loro, sembravano delle pagnotte appena tolte dal forno, le guancie rosse per il piacere di quello che ancora non avevano visto ma che sicuramente avrebbero comprato.
Ragazzi che andavano a scuola, studenti come diceva la sua mamma, lei era una scolara, per essere studenti si doveva prendere il pulman e scendere a valle per le superiori.
Lisa osservava tutto e tutti, era la migliore avventura che mai avesse avuto e nemmeno immaginato e poi il viaggio era appena iniziato.
Arrivati a valle si doveva cambiare pulman, ad aspettarle c'era un pulman azzurro, a Lisa sembrò molto più bello e più grande, anche l'odore era diverso, non sapeva di polvere e di freddo, un profumo di cose nuove l'avvolse.
Anche le persone sembravano diverse, più allegre, più belle, Lisa sorrise sentendosi parte di un universo misterioso, tutto da scoprire e da "imparare".
Il pulman correva senza strappi, sembrava volare su una corsia fatta di bambagia, anche le macchine piccole e timorose sembravano scostarsi per lasciare libero il passaggio, quasi intuissero l'urgenza dell'arrivo.
Lisa guardava tutto, anche i vari saluti erano per lei novità ma alla fine la cosa divenne normale, come il parlare a persone sconosciute, mai fatto prima, la mamma sorrideva e partecipava ai discorsi.
Un parlare che spaziava dal tempo al cosa si faceva, discorsi brevi o lunghi a seconda delle fermate, un semplice arrivederci e l'uscita di scena, già, il pulman come un palcoscenico viaggiante.
L'idea del palco lasciò Lisa senza fiato, ecco cos'era, un teatro, un bellissimo teatro viaggiante!
Persone che per un'ora entravano nella tua vita e poi così, semplicemente se ne andavano regalandoti una manciata del loro vivere.
Tasselli di vite che facevano ricordi e voci, sorrisi e racconti che se belli si sarebbero raccontati, magari inventando un finale, magari rendendoli propri.
Lisa guardava quegli attori di vita e assimilava il diverso, anche i dialetti erano stranieri, decifrare le parole a volte era impossibile ma quante risate quando capiva il significato, a volte la mamma la zittiva, a volte rideva con lei amiccante e complice.
Le ore passavano veloci e la città le accolse con il suo caos, altro cambio di pulman, altro colore, giallo stavolta, un colore ridente che ben si addiceva a quel fiume incessante di auto.
Lisa stretta sul sedile guardava gli studenti stipati ovunque, tanti in piedi e tanti ammucchiati sui sedili, pochi parlavano, quasi tutti collegati a cuffie ascoltavano musica.
Il pulman non sembrava più un teatro ma una grande macchina con tanti manichini collegati a fili misteriosi, forse venivano alimentati attraverso quei fili.
Forse venivano indottrinati a nuove religioni, chissà, un esercito fatto di ragazzi che non si guardavano, non si parlavano ma che aspettavano nuovi ordini da un tiranno nascosto nelle loro cuffie.
Lisa guardò la mamma che con un semplice segno l'ammoni di stare zitta e le indicò con il mento la porta.
Mancava poco all'arrivo, a Lisa dispiaceva lasciare il viaggio, già, perchè un pulman continua a viaggiare, era fatto per questo, ma sapeva che ci sarebbe stato il viaggio del ritorno e questo la fece stare bene.
Raccolse il suo zainetto e si avviò piano verso l'uscita chiedendo scusa prima a bassa voce, poi quasi urlando a quegli alieni che si trovavano nel corridoio, a fatica raggiunsero la porta e scesero.
Toccare terra fu per Lisa una vertigine, si fermò a guardare il grosso pulman partire e rivide tutto e tutti, un grande palcoscenico sul quale tutti si è protagonisti e la vita è semplicemente la trama.

mercoledì 14 settembre 2011

VECCHI SOGNATORI

FANTASY Pictures, Images and Photos


Una serata normale, un trovarsi attorno al tavolo a mangiare una pizza e a parlare.
Amici e complici, battute e risate, discorsi fatti d'affetto e di carezze negli occhi.
Fermarsi ad ascoltarsi e vedere ancora i sogni aleggiare in alto sopra noi.
Quattro persone "grandi" che si raccontano i progetti del fare domani, come se di domani ce ne fossero a iosa, che bello!
La risata parte gorgogliante per poi tramutarsi in uno scoppio di puro divertimento vedendo l'espressione di stupore degli amici.
Non capiscono, spiegarlo è come strappare un velo, è un ritrovare tutti quei progetti ancora addormentati, è un dirci che si, possiamo ancora realizzarli.
Chi dice che i sogni sono solo per gli adolescenti?
Noi non siamo mai invecchiati dentro, noi ancora crediamo di cambiare il mondo e ci riusciamo.
Sicuramente il nostro vivere è come lo abbiamo voluto noi, ci stiamo bene e ci ritroviamo simili in tante cose.
Caro il mio Boss, caro amico mio, gelosa non lo sono per l'affinità che ti avvicina a Dario anzi, mi fa bene vedervi parlare, ascoltarvi è bello, due adolescenti con i capelli grigi pronti a partire per qualsiasi giusta guerra.
Ogni giorno siamo in guerra, scindere le informazioni che ci riversano in continuazione addosso, capire quali sono le verità nascoste e restare noi stessi, non omologarci è l'imperativo.
Sappiamo che non si può combattere contro mulini a vento, è appunto questa consapevolezza che ci fa veri e forti, in fondo noi crediamo in tante Dulcinee, magari buttate per giorni o anni in cassetti scuri ma sappiamo che sono lì e che ci aspettano.
Ancora possiamo gioire di un tramonto, ancora possiamo piangere abbracciando un albero, ancora gridiamo grazie alla luna e ancora e ancora...... viviamo...

mercoledì 15 giugno 2011

ARRIVEDERCI...

Fantasy Elf Pictures, Images and Photos L'estate è alle porte, i blog sembrano pianeti disabitati.
Case abbandonate con ragnatele comparse di domande vuote.
Fa male entrare e non trovare risposte, anche solo un buon giorno farebbe bene.
Mi giro e rigiro cercando un sorriso, poi mi accorgo che anch'io ne sono assente e mi fermo sorpresa.
Si, anch'io sono per altre strade, sono già via, passo per un saluto veloce, tanto per non far dimenticare che esisto.
Già sono altrove, seguo con lo sguardo l'evolversi di questa estate piovosa, già sono via.
Migrante in cerca di sole, di serenità, lascio il blog a quest'inverno, ora non voglio impegnarmi.
Altri soli mi attendono, sicuramente le mie emozioni troveranno sempre casa qui, culla ideale e diario di adolescente tarda.
Lacrime e sogni lanciati nel web come richiamo d'aiuto, tanto so che nessuno verrà in mia salvezza!
Ma anche grida d'amicizia, quella si che ne colgo a piene mani!
Guardo con tenerezza giorni andati e aspetto con serenità quelli a venire, ruota che fa ciclo di vita e mai delude.
Lascio a voi che passate un abbraccio grande, non un addio ma un arrivederci a tempi più generosi di convivenza e di affetto.
Vi lascio con la consapevolezza di avere avuto tanto, tantissimo da tutti voi e so che sicuramente non è un addio ma un arrivederci.
Con stima e affetto,
Cesy


lunedì 30 maggio 2011

LUCCIOLE E URLA

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Le urla sono finalmente fuggite, solo l'eco è rimasto tra le trame del tempo.
Urla come farfalle impigliate in reti di pensieri, colori di lucciole impazzite contro il barattolo di vetro.
Urla di voci chiassose, indifferenti al dolore di occhi colmi di lacrime.
Lucciole prese in una sera di maggio, notte magica a rincorrerle al chiarore di luna.
Fuochi fatui, promesse di gioia rinchiuse in scatole nere.
Come lanterne di fate non indicano nessuna strada, il bosco di notte fa solo paura.
Solo le urla trovano la strada, quella più corta, la maledetta!
Può sorgere la luna ma non sempre è luna piena.
Luna buona.
Luna nera fa paura, il silenzio ne è garante.
Anche il silenzio tace nel bosco, nemmeno un albero si scuote.
Silenzio fatto di pece, la volpe stanotte digiuna e danzano sole le streghe.
Sciamane sorelle dimenticate, solo le urla vi sono amiche, il vuoto che vi attornia fa casa.
La notte come ogni notte finisce, il sole sorge, resta solo il barattolo e le lucciole.
Nulla è più magico, nemmeno le lucciole, insetti neri senza più luce....

giovedì 19 maggio 2011

NIENTE PERDONO

abuso Pictures, Images and Photos La notizia le arrivò dopo giorni, ma le esplose dentro e fece male.
Era morto e sepolto, già la pioggia filtrava nella bara e il buio lo stringeva nell'abbraccio eterno.
Ancora e ancora non riusciva a perdonare, tutto il silenzio e il dolore che circondava quella sua piccola e immensa storia le tolsero il tempo ributtandola all'origine di quel dolore.
Una manciata d'anni, sei? Oppure di meno?
Non ricordava, sa solo che era primavera e con la mamma era andata per cicorie, che bello!
Era raro uscire da sola con la mamma, era bello, la mamma le insegnava posti segreti e le raccontava storie vissute da bimba.
Anche quel giorno era riuscita a far suonare il tarassaco cantando la canzoncina magica.
Sona sona bel fiurì, sona sona bel fiurì, fal per me bel fiurì, sona sona sul per me....
Era quasi sera, l'azzurro si infittiva di rondini chiassose e le cime erano oro puro, la salita era un mare verde punteggiato di fiori un vento dolce le accompagnava verso il paese.
La bimba era stanca, la bocca sporca e appicicosa del colore e del succo di fragole, sdraiata in quel mare d'erba, gli occhi appesi alle nuvole e il cuoricino aperto alla vita, era stanca e felice.
Felice di esistere, felice di vivere, ogni cosa era perfetta, anche il falchetto che volteggiava su di lei, certamente in cerca di una lepre o di un pollo, tutto era giusto.
Anche il ragazzo suo vicino di casa, una manciata d'anni più di lei era lì, seduto a guardare a valle.
Quante volte la bimba e il ragazzo avevano giocato assieme?
La mamma non si preoccupò, in paese tutti i bimbi erano fratelli, si avviò verso casa svelta già pensando alla cena, lasciò la bimba ai suoi sogni.
Sogni che diventano incubi!
La bimba non poteva sapere di curiosità malate, sa solo che di colpo il cielo sopra lei è diventato nero di paura, "l'amico" è diventato una bestia.
Con forza la preme contro l'erba alta, quasi soffoca in quel groviglio di steli e calore, cerca di diffendersi, il perchè non lo sa ma lo intuisce.
Una lotta silenziosa, inutile gridare, lo sa, mille mani che cercano di alzare la gonnellina, le sue manine che cercano di tenerla ferma, le mutandine quasi strappate e alla fine solo quella voce "sta ferma, voglio solo vedere come sei fatta".
Ricorda le lacrime che si fermano nelle orecchie, pozzi di vergogna.
Vergogna verso se stessa, lotta ancora e alla fine lui la lascia, vergogna verso lui, lo guarda negli occhi e sa già che mai e poi mai lo perdonerà, mai!
Sa che ha subito una violenza grande ma sa che non ne parlerà, il perchè è perso nel suo essere donna, sa solo che non si fermerà mai più da sola con un "amico".
Le rondini gridano e loro dicono tutto al mondo, ma il mondo continua indifferente.
Anche la mamma non si accorge di nulla, la cena è pronta ma la bimba non ha fame, cerca dentro di lei un pensiero per assolversi e per perdonarsi.
Tante sere d'estate sono passate, la bimba è diventata donna ma si è sempre portata quel segreto addosso, un male che sgorgava ogni volta che vedeva il "ragazzo".
Piccola e crudele donna anche lei, quando l'ha visto malato e in balia di un male lungo e incurabile ha gioito, ecco la giusta punizione ha pensato.
Una punizione per quello che lui le ha fatto, anche ora che sa che è morto quello che sente sono ancora i gridi delle rondini, anche ora il perdono non c'è....
Non c'era bosco, ma prati, non c'era buio ma sole non c'era un lupo ma un "amico", non era fiaba ma realtà..... forse.
Ma il perdono sicuramente no!



VALENTINA

13
dic
2011
disperazione Pictures, Images and Photos


Ti amo, mamma.
Queste parole come musica le cantavano nel cuore, era sicura che le cose sarebbero andate bene ora.
Ora che vedeva sua figlia quasi serena, allungò la felpa e guardò Valentina togliersi la maglietta.
Il gelo invase di colpo il suo corpo e ogni musica sparì.
Restò immobile a fissare quei tagli fatti lungo il corpo, dove i vestiti coprono di più, tagli rossi, recenti e crudeli.
Valentina come una furia si girò urlando e si nascose nella felpa enorme, tutto ripiombò nel dolore.
Vane le promesse, vane le carezze, anche l'amore era inutile, anche pregare o il bestemmiare non sarebbe servito a nulla!
Valentina stava sprofondando in un pozzo nero e non voleva essere aiutata, voleva morire.
Come si fa a lasciare morire una figlia?
Come aiutarla se lei non vuole?
Anche l'abbraccio era una corda da cui scappare per non essere presa.
Presa dall'amore, ma Valentina voleva un altro amore e questo lei lo sapeva, maledetto amore sbagliato.
L'amore può essere un assassino, l'amore ti uccide se non ti ama.
Anche le lacrime sono inutili, sterili e senza sollievo, trovare soluzioni a volte è impossibile.
Ogni giorno è un rimbalzare su un muro, ogni giorno una cicatrice si aggiunge a quella precedente, non importa, si diventa insensibili e l'andare avanti diventa automatico.
Un vivere attorno a noi stessi, questo pensa, spiare quel dolore, capire se Valentina può portarlo, prendere speranza ogni volta che Valentina sorride, sentire il cuore balzare in gola quanto Valentina canta.
Domani sarà diverso, normale finalmente!


SI CAMBIA...

06
dic
2011
Cambiare costa molto, intermini di sicurezza poi...
Sarà che sono portata a vedere ogni angolazione del mio fare, anche traslocare un blog mi fa male.
Perdere amici mi rattrista, quasi 4 anni di splinder mi ha dato modo di conoscere diverse realtà, ho condiviso tanto con tante persone e ora ho paura a "saltare" su questa nuova piattaforma.
Non vorrei perdere nessuno, vorrei la mattina aprire questa casa e ritrovarci il buongiorno di Struzzino o la carezza di Annina, ma quello che so bene non sentirò mai più è il buon giorno di Barone, però vorrei poter passare sempre a casa sua per lasciare un saluto.
Stanze di vita comune, muri che si abbassano e che a volte diventano invalicabili, pensieri e urla che danno sfogo a lacrime amare, oppure scoppi di risate che nascono dal cuore.
Chi siamo noi?
Blogger, persone che vivono in questa dimensione cercando un messaggio lanciato da tanti altri, corde che danzano al suono di musiche che ci servono al momento.
Momenti allegri e momenti no ma sempre consapevoli di trovare consigli e incoraggiamenti, non ci si sente soli è questo la bellezza di essere un Blogger.
Non so se sarò capace di postare questi miei semplici pensieri ma devo pure iniziare a capire come funziona questa nuova casa.
Una casa grande e ancora molto vuota, fa quasi paura, la mia semplice baracca su Splinder era fatta su di me, ci stavo bene e avevo tutto quello che mi serviva ma ora si deve cambiare e allora forza Cesy....



 
dic
2011
 


domenica 6 novembre 2011

SABATO A MILANO


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Giornata nera, gonfia di pioggia e di vento, a casa si sta bene e il solo pensare di uscire mi fa rabbrividire.
Ieri siamo stati a milano a portare Kora dal veterinario, piccola operazione, rimozione della piastra d'acciaio che aveva inserito nella gamba.
Ora va tutto bene, la piccola si è ripresa e tenerla ferma diventa difficile, ma ieri è stata dura.
Siamo partiti presto sotto una pioggia pesante, l'autostrada monotona a parte i colori dell'autunno, l'arrivo a milano ha solo confermato quello che penso di questa città.
Non mi piace, quei palazzoni anonimi, tutte quelle case piene di persone accatastate une sulle altre, mi rendo conto di vivere in un posto meraviglioso.
Riflettendo in uno di quei palazzoni ci starebbero tutte le persone che abitano in 4/5 vie della mia zona.
Anche l'autunno a Milano è più avanzato, magari sarà lo smog, gli alberi sono già quasi tutti spogli, da me ci sono solo foglie colorate di mille sfumature, senza dubbio domani sarà diverso.
Mentre scrivo sento il vento che la fa da padrone, prepotente e cattivo fa sbattere i rami con forza.
Abbiamo lasciato Kora in ambulatorio dopo essere stati con lei fino a che non è stata sedata poi siamo andati in centro.
Sicuramente la bellezza di Milano è lì, tutto pulito e luccicante, palazzi belli e importanti, ma quanto caos, quanta fretta, umanità in perenne file senza nemmeno guardarsi, soli in mezzo a moltitudini di persone sole.
Ci si può nascondere, ci si può morire tra questa indifferenza, anche l'urto involontario non è seguito da nessuna scusa, solo sguardi assenti e frettolosi, trovare un sorriso è raro.
Riflessioni stupide, non è che Brescia sia meno anonima ma essendo più piccola è più vivibile, i paesi riescono ancora a darti la parvenza di comunità accogliente, sicuramente c'è tanta paura e la sera si cerca la luce, non si cammina nel buio nemmeno a Brescia.
Quando siamo ritornati a prendere Kora lei non riusciva a stare in piedi, era sdraiata in gabbia ma quando mi ha visto i suoi occhi si sono illuminati e con la coda ha dimostrato tutta la sua gioia.
L'abbiamo caricata in auto e io mi sono messa dietro con lei, tremava così l'ho coperta e coccolata, stanotte ha dormito sul lettone, ora sta molto meglio e anch'io sono più serena.
A volte basta poco per stare bene, lo sguardo di una cagnolona dolcissima ti cambia la giornata, fa niente se piove e fa freddo una leccata umida fa nascere il sorriso.  

domenica 16 ottobre 2011

VALENTINA

disperazione Pictures, Images and Photos


Ti amo, mamma.
Queste parole come musica le cantavano nel cuore, era sicura che le cose sarebbero andate bene ora.
Ora che vedeva sua figlia quasi serena, allungò la felpa e guardò Valentina togliersi la maglietta.
Il gelo invase di colpo il suo corpo e ogni musica sparì.
Restò immobile a fissare quei tagli fatti lungo il corpo, dove i vestiti coprono di più, tagli rossi, recenti e crudeli.
Valentina come una furia si girò urlando e si nascose nella felpa enorme, tutto ripiombò nel dolore.
Vane le promesse, vane le carezze, anche l'amore era inutile, anche pregare o il bestemmiare non sarebbe servito a nulla!
Valentina stava sprofondando in un pozzo nero e non voleva essere aiutata, voleva morire.
Come si fa a lasciare morire una figlia?
Come aiutarla se lei non vuole?
Anche l'abbraccio era una corda da cui scappare per non essere presa.
Presa dall'amore, ma Valentina voleva un altro amore e questo lei lo sapeva, maledetto amore sbagliato.
L'amore può essere un assassino, l'amore ti uccide se non ti ama.
Anche le lacrime sono inutili, sterili e senza sollievo, trovare soluzioni a volte è impossibile.
Ogni giorno è un rimbalzare su un muro, ogni giorno una cicatrice si aggiunge a quella precedente, non importa, si diventa insensibili e l'andare avanti diventa automatico.
Un vivere attorno a noi stessi, questo pensa, spiare quel dolore, capire se Valentina può portarlo, prendere speranza ogni volta che Valentina sorride, sentire il cuore balzare in gola quanto Valentina canta.
Domani sarà diverso, normale finalmente! 

mercoledì 28 settembre 2011

IL VIAGGIO

montagne Pictures, Images and Photos


 La bimba era già a letto nonostante il sole battesse ancora sui vetri della finestra.
La mamma era stata categorica, "a letto presto presto, domani mattina ci si alzaa alle 5!".
Che avventura, pensava Lisa nascondendosi alla luce, il corpo avviluppato da coperte fatte a capanna attorno a lei.
Domani avrebbe preso il pulman e sarebbe andata a trovare i nonni!
Un viaggio lungo quasi una giornata, una storia da raccontare lunga lunga a compagne invidiose e antipatiche.
Pensando a loro quasi si dimenticava di chiudere gli occhi e di chiamare il sonno. sempre sorridendo scivolò nel sogno.
La sveglia trillò nel silenzio di casa, Lisa come una molla corse a prepararsi, bastò poco, tutto era già pronto, la mamma chiuse la casa e preso in braccio la sorellina più piccola si avviarono a piedi.
I loro passi rimbombavano per le vie deserte del piccolo paese, solo le rondini mattiniere come loro le guardavano passare stupite.
Già il sole spuntava dalle cime colorando di rosa le nuvole, Lisa era felice mentre guardava il grosso pulman fermo ad aspettarle.
Veramente non le stava aspettando, era l'ultima fermata il quel paese aggrappato alle montagne.
Un paese dove anche la strada si fermava contro il nulla, il pulman era l'unico mezzo per scendere alla civiltà.
Lisa scelse il posto vicino al finestrino, si sistemò con cura assicurandosi di potere vedere bene in ogni direzione, erano solo loro, tre femmine e l'autista.
Il via fu dato con uno strappo potente, Lisa rabbrividì, era fatta, era in viaggio!
Tutto era nuovo, gli alberi sembravano rincorrerla, non la volevano lasciare andare, per un attimo Lisa pensò di cadere nel buco che le si era formato dentro.
Un vortice di piacere e di ansia, il sobbalzare dell'autobus mentre girava quasi su se stesso in curve strette e costeggiate di dirupi faceva si che il respiro per un attimo smettesse di uscire.
Agrappata al finestrino ammirava il veloce scorrere del panorama, a ogni paese c'era la fermata e il pulman piano piano si riempiva.
Gente che andava al lavoro, Lisa li guardava con curiosità, sembravano già stanchi con vestiti vecchi e le mani callose messe a mò di cuscino sotto la guancia, qualcuno si addormentava.
Donne che andavano al mercato con i loro abiti migliori, sprofondate nei sedili a parlottare fra loro, sembravano delle pagnotte appena tolte dal forno, le guancie rosse per il piacere di quello che ancora non avevano visto ma che sicuramente avrebbero comprato.
Ragazzi che andavano a scuola, studenti come diceva la sua mamma, lei era una scolara, per essere studenti si doveva prendere il pulman e scendere a valle per le superiori.
Lisa osservava tutto e tutti, era la migliore avventura che mai avesse avuto e nemmeno immaginato e poi il viaggio era appena iniziato.
Arrivati a valle si doveva cambiare pulman, ad aspettarle c'era un pulman azzurro, a Lisa sembrò molto più bello e più grande, anche l'odore era diverso, non sapeva di polvere e di freddo, un profumo di cose nuove l'avvolse.
Anche le persone sembravano diverse, più allegre, più belle, Lisa sorrise sentendosi parte di un universo misterioso, tutto da scoprire e da "imparare".
Il pulman correva senza strappi, sembrava volare su una corsia fatta di bambagia, anche le macchine piccole e timorose sembravano scostarsi per lasciare libero il passaggio, quasi intuissero l'urgenza dell'arrivo.
Lisa guardava tutto, anche i vari saluti erano per lei novità ma alla fine la cosa divenne normale, come il parlare a persone sconosciute, mai fatto prima, la mamma sorrideva e partecipava ai discorsi.
Un parlare che spaziava dal tempo al cosa si faceva, discorsi brevi o lunghi a seconda delle fermate, un semplice arrivederci e l'uscita di scena, già, il pulman come un palcoscenico viaggiante.
L'idea del palco lasciò Lisa senza fiato, ecco cos'era, un teatro, un bellissimo teatro viaggiante!
Persone che per un'ora entravano nella tua vita e poi così, semplicemente se ne andavano regalandoti una manciata del loro vivere.
Tasselli di vite che facevano ricordi e voci, sorrisi e racconti che se belli si sarebbero raccontati, magari inventando un finale, magari rendendoli propri.
Lisa guardava quegli attori di vita e assimilava il diverso, anche i dialetti erano stranieri, decifrare le parole a volte era impossibile ma quante risate quando capiva il significato, a volte la mamma la zittiva, a volte rideva con lei amiccante e complice.
Le ore passavano veloci e la città le accolse con il suo caos, altro cambio di pulman, altro colore, giallo stavolta, un colore ridente che ben si addiceva a quel fiume incessante di auto.
Lisa stretta sul sedile guardava gli studenti stipati ovunque, tanti in piedi e tanti ammucchiati sui sedili, pochi parlavano, quasi tutti collegati a cuffie ascoltavano musica.
Il pulman non sembrava più un teatro ma una grande macchina con tanti manichini collegati a fili misteriosi, forse venivano alimentati attraverso quei fili.
Forse venivano indottrinati a nuove religioni, chissà, un esercito fatto di ragazzi che non si guardavano, non si parlavano ma che aspettavano nuovi ordini da un tiranno nascosto nelle loro cuffie.
Lisa guardò la mamma che con un semplice segno l'ammoni di stare zitta e le indicò con il mento la porta.
Mancava poco all'arrivo, a Lisa dispiaceva lasciare il viaggio, già, perchè un pulman continua a viaggiare, era fatto per questo, ma sapeva che ci sarebbe stato il viaggio del ritorno e questo la fece stare bene.
Raccolse il suo zainetto e si avviò piano verso l'uscita chiedendo scusa prima a bassa voce, poi quasi urlando a quegli alieni che si trovavano nel corridoio, a fatica raggiunsero la porta e scesero.
Toccare terra fu per Lisa una vertigine, si fermò a guardare il grosso pulman partire e rivide tutto e tutti, un grande palcoscenico sul quale tutti si è protagonisti e la vita è semplicemente la trama.
   

mercoledì 14 settembre 2011

VECCHI SOGNATORI

FANTASY Pictures, Images and Photos


Una serata normale, un trovarsi attorno al tavolo a mangiare una pizza e a parlare.
Amici e complici, battute e risate, discorsi fatti d'affetto e di carezze negli occhi.
Fermarsi ad ascoltarsi e vedere ancora i sogni aleggiare in alto sopra noi.
Quattro persone "grandi" che si raccontano i progetti del fare domani, come se di domani ce ne fossero a iosa, che bello!
La risata parte gorgogliante per poi tramutarsi in uno scoppio di puro divertimento vedendo l'espressione di stupore degli amici.
Non capiscono, spiegarlo è come strappare un velo, è un ritrovare tutti quei progetti ancora addormentati, è un dirci che si, possiamo ancora realizzarli.
Chi dice che i sogni sono solo per gli adolescenti?
Noi non siamo mai invecchiati dentro, noi ancora crediamo di cambiare il mondo e ci riusciamo.
Sicuramente il nostro vivere è come lo abbiamo voluto noi, ci stiamo bene e ci ritroviamo simili in tante cose.
Caro il mio Boss, caro amico mio, gelosa non lo sono per l'affinità che ti avvicina a Dario anzi, mi fa bene vedervi parlare, ascoltarvi è bello, due adolescenti con i capelli grigi pronti a partire per qualsiasi giusta guerra.
Ogni giorno siamo in guerra, scindere le informazioni che ci riversano in continuazione addosso, capire quali sono le verità nascoste e restare noi stessi, non omologarci è l'imperativo.
Sappiamo che non si può combattere contro mulini a vento, è appunto questa consapevolezza che ci fa veri e forti, in fondo noi crediamo in tante Dulcinee, magari buttate per giorni o anni in cassetti scuri ma sappiamo che sono lì e che ci aspettano.
Ancora possiamo gioire di un tramonto, ancora possiamo piangere abbracciando un albero, ancora gridiamo grazie alla luna e ancora e ancora...... viviamo...
   

mercoledì 15 giugno 2011

ARRIVEDERCI...

Fantasy Elf Pictures, Images and Photos L'estate è alle porte, i blog sembrano pianeti disabitati.
Case abbandonate con ragnatele comparse di domande vuote.
Fa male entrare e non trovare risposte, anche solo un buon giorno farebbe bene.
Mi giro e rigiro cercando un sorriso, poi mi accorgo che anch'io ne sono assente e mi fermo sorpresa.
Si, anch'io sono per altre strade, sono già via, passo per un saluto veloce, tanto per non far dimenticare che esisto.
Già sono altrove, seguo con lo sguardo l'evolversi di questa estate piovosa, già sono via.
Migrante in cerca di sole, di serenità, lascio il blog a quest'inverno, ora non voglio impegnarmi.
Altri soli mi attendono, sicuramente le mie emozioni troveranno sempre casa qui, culla ideale e diario di adolescente tarda.
Lacrime e sogni lanciati nel web come richiamo d'aiuto, tanto so che nessuno verrà in mia salvezza!
Ma anche grida d'amicizia, quella si che ne colgo a piene mani!
Guardo con tenerezza giorni andati e aspetto con serenità quelli a venire, ruota che fa ciclo di vita e mai delude.
Lascio a voi che passate un abbraccio grande, non un addio ma un arrivederci a tempi più generosi di convivenza e di affetto.
Vi lascio con la consapevolezza di avere avuto tanto, tantissimo da tutti voi e so che sicuramente non è un addio ma un arrivederci.
Con stima e affetto,
Cesy


lunedì 30 maggio 2011

LUCCIOLE E URLA

Photobucket 

Le urla sono finalmente fuggite, solo l'eco è rimasto tra le trame del tempo.
Urla come farfalle impigliate in reti di pensieri, colori di lucciole impazzite contro il barattolo di vetro.
Urla di voci chiassose, indifferenti al dolore di occhi colmi di lacrime.
Lucciole prese in una sera di maggio, notte magica a rincorrerle al chiarore di luna.
Fuochi fatui, promesse di gioia rinchiuse in scatole nere.
Come lanterne di fate non indicano nessuna strada, il bosco di notte fa solo paura.
Solo le urla trovano la strada, quella più corta, la maledetta!
Può sorgere la luna ma non sempre è luna piena.
Luna buona.
Luna nera fa paura, il silenzio ne è garante.
Anche il silenzio tace nel bosco, nemmeno un albero si scuote.
Silenzio fatto di pece, la volpe stanotte digiuna e danzano sole le streghe.
Sciamane sorelle dimenticate, solo le urla vi sono amiche, il vuoto che vi attornia fa casa.
La notte come ogni notte finisce, il sole sorge, resta solo il barattolo e le lucciole.
Nulla è più magico, nemmeno le lucciole, insetti neri senza più luce....

giovedì 19 maggio 2011

NIENTE PERDONO

abuso Pictures, Images and Photos La notizia le arrivò dopo giorni, ma le esplose dentro e fece male.
Era morto e sepolto, già la pioggia filtrava nella bara e il buio lo stringeva nell'abbraccio eterno.
Ancora e ancora non riusciva a perdonare, tutto il silenzio e il dolore che circondava quella sua piccola e immensa storia le tolsero il tempo ributtandola all'origine di quel dolore.
Una manciata d'anni, sei? Oppure di meno?
Non ricordava, sa solo che era primavera e con la mamma era andata per cicorie, che bello!
Era raro uscire da sola con la mamma, era bello, la mamma le insegnava posti segreti e le raccontava storie vissute da bimba.
Anche quel giorno era riuscita a far suonare il tarassaco cantando la canzoncina magica.
Sona sona bel fiurì, sona sona bel fiurì, fal per me bel fiurì, sona sona sul per me....
Era quasi sera, l'azzurro si infittiva di rondini chiassose e le cime erano oro puro, la salita era un mare  verde punteggiato di fiori un vento dolce le accompagnava verso il paese.
La bimba era stanca, la bocca sporca e appicicosa del colore e del succo di fragole, sdraiata in quel mare d'erba, gli occhi appesi alle nuvole e il cuoricino aperto alla vita, era stanca e felice.
Felice di esistere, felice di vivere, ogni cosa era perfetta, anche il falchetto che volteggiava su di lei, certamente in cerca di una lepre o di un pollo, tutto era giusto.
Anche il ragazzo suo vicino di casa, una manciata d'anni più di lei era lì, seduto a guardare a valle.
Quante volte la bimba e il ragazzo avevano giocato assieme?
La mamma non si preoccupò, in paese tutti i bimbi erano fratelli, si avviò verso casa svelta già pensando alla cena, lasciò la bimba ai suoi sogni.
Sogni che diventano incubi!
La bimba non poteva sapere di curiosità malate, sa solo che di colpo il cielo sopra lei è diventato nero di paura, "l'amico" è diventato una bestia.
Con forza la preme contro l'erba alta, quasi soffoca in quel groviglio di steli e calore, cerca di diffendersi, il perchè non lo sa ma lo intuisce.
Una lotta silenziosa, inutile gridare, lo sa, mille mani che cercano di alzare la gonnellina, le sue manine che cercano di tenerla ferma, le mutandine quasi strappate e alla fine solo quella voce "sta ferma, voglio solo vedere come sei fatta".
Ricorda le lacrime che si fermano nelle orecchie, pozzi di vergogna.
Vergogna verso se stessa, lotta ancora e alla fine lui la lascia, vergogna verso lui, lo guarda negli occhi e sa già che mai e poi mai lo perdonerà, mai!
Sa che ha subito una violenza grande ma sa che non ne parlerà, il perchè è perso nel suo essere donna, sa solo che non si fermerà mai più da sola con un "amico".
Le rondini gridano e loro dicono tutto al mondo, ma il mondo continua indifferente.
Anche la mamma non si accorge di nulla, la cena è pronta ma la bimba non ha fame, cerca dentro di lei un pensiero per assolversi e per perdonarsi.
Tante sere d'estate sono passate, la bimba è diventata donna ma si è sempre portata quel segreto addosso, un male che sgorgava ogni volta che vedeva il "ragazzo".
Piccola e crudele donna anche lei, quando l'ha visto malato e in balia di un male lungo e incurabile ha gioito, ecco la giusta punizione ha pensato.
Una punizione per quello che lui le ha fatto, anche ora che sa che è morto quello che sente sono ancora i gridi delle rondini, anche ora il perdono non c'è....
Non c'era bosco, ma prati, non c'era buio ma sole non c'era un lupo ma un "amico", non era fiaba ma realtà..... forse.
Ma il perdono sicuramente no!


giovedì 5 maggio 2011

GRAZIE

A volte è veramente difficile capire cosa si vuole, cosa fare della propria vita.
Da bambina non avevo grandi sogni, l'importante era vivere.
Sembrerà assurdo ma non c'era la certezza del domani come non c'era mai un letto caldo d'inverno.
Si viveva così, già ero leggenda con la mia nascita a 7 mesi, io che camminavo a 9 mesi, uno sgrufolo piccino piccino che faceva pena alle donne della fontana.
Ancora adesso in paese trovo l'anziana che si ricorda con quanta forza mi fossi attaccata alla vita.
Vita fatta di giorni ricamati a catinelle verso anni più belli, ma tutti bagnati dal sudore del lavoro non sapendo che era lavoro.
Anche l'imparare a falciare un prato a 11 anni non sembrava peccato, altro che lavoro minorile!
Portare a casa il latte appena munto per la colazione del mattino era cosa da fare, non si giocava a bambole ma c'erano i fratellini fasciati a mummia da spupazzare.
Forse non si sapeva sognare, troppa era la realtà.
Bastava per riempire un'infazia e l'adolescenza, non c'era tempo per i principi azzurri ne per i ranocchi, bastavano i folletti e le fate del bosco.
Bastava la luna e il suo chiarore a fare piangere di gioia senza sapere il perchè.
E quel tremito dentro, quella voglia di andare "oltre", piangere su pagine lette di nascosto e scoprire così un mondo voluto.
Nascondersi ai margini e spiare la vita, chiudersi a riccio e aspettare il risveglio.
Capire che c'è sempre il tempo del vivere e del crescere e dell'amare.
E ci sono i sogni-verità, allora si possono lasciare i libri e entrare senza paura nella realtà.
Grazie vita, tu mi hai dato tanto, tantissimo, tutti i  miei sogni in una realtà concreta e vissuta.
Anche i dolori ne fanno parte, aiutano a restare a terra, mai volare troppo in alto, Icaro insegna l'umiltà.

Anche il tempo non ha età, è di nuovo maggio, ancora alla finestra osservo il vivere del mondo, le sue guerre e le sue fasulle promesse, come un miraggio la pace ci fa sognare.
Ma in fondo la pace non esiste, forse nella morte si concretizza, anche la parola stessa suona vuota.
Mi allungo pigra su questi giorni senza scopo se non il vivere e mi sento una miracolata, sto bene, vorrei che durasse all'infinito con tutti i miei problemi ma va bene così.
Ogni alba mi trova in pista, sempre cosciente della fortuna del nuovo giorno, anche stamattina ho incontrato un passerotto ai suoi primi voli di vita e se riesce a vivere lui....
Grazie vita, Grazie


mercoledì 20 aprile 2011

LEONINO SILVIA LUNA

Photobucket Leonino è un gatto e sta morendo.
Leonino è un gatto fortunato, non perchè sta morendo ma perchè è un gatto amato.
Leonino ha sette anni e vive con una persona che lo ama tantissimo, Silvia.
Silvia è una ragazza dolcissima, ha occhi grandi e profondi, ti ci perdi in quegli occhi.
L'abbracci e senti tutta la sua fragilità, il suo dolore, la guardi e sprofondi nei suoi occhi fino al cuore.
Un cuore che si ribella alla realtà che dovrà vivere, per lei Leonino è più di un amico, è il suo doppio.
Sette anni vissuti in simbiosi, il primo buongiorno è loro come la buonanotte data con un bacio e l'abbraccio fatto fagotto di coperte e sonno.
Gli studi, e la laurea condivisi, anche l'amore è stato vissuto a due, l'intruso ha dovuto prima conquistare Leonino poi, Silvia.
Al matrimonio forse non c'era ma sicuramente nella nuova casa il posto migliore è sempre stato suo.
Anni di serenità fino a settembre, poi l'abisso.
Un tumore maligno, già, anche ai gatti vengono i tumori.
Un tumore di quelli schifosi, quelli a cui il veterinario dice subito che non c'è niente da fare, ma Silvia non ha mollato.
Nemmeno Leonino ha mollato, chemioterapia e tutto il resto, ore e ore fatte di dolore e speranza ma la sera era un allentare le funi.
Se quel letto potesse parlare sarebbe solo l'amore il protagonista, coccole e coccole condite con la speranza di potere andare avanti all'infinito.
Ma ora anche la speranza viene meno, il tumore come un bubbone è esploso in tutta la sua crudeltà e Silvia sta male.
Non vuole prendere una decisione, non ne è capace, sarà il veterinario a decidere quando Leonino dovrà fermarsi un pò di più, il tempo per volare sul ponte dell'arcobaleno.
Intanto una nuova amica sta aspettando Silvia, un batufolo argento blù chiamato Luna, la guardo e so che è bellissima e dolcissima, l'ideale per Silvia.
Quando è venuta a trovarmi mi ha chiesto di scegliere per lei la più dolce, un impegno arduo con 11 gattini!
Ma piano piano l'ho individuata, era quella che ronfava subito come la toccavi, quella che saliva in grembo e ti guardava con occhi seri.
Chissà cosa voleva dirmi?
Trovargli una mamma che l'avrebbe amata, che l'avrebbe fatta sentire unica?
Con Silvia il mio compito è compiuto, so che Luna sarà regina.
Ora c'è solo dolore e tristezza per Silvia e Michele ma più avanti ci sarà ancora il sole e le corse sfrenate di Luna a regalare loro il sorriso.
Certo, Leonino sarà sempre presente nei loro cuori, ci mancherebbe, ma la tristezza sarà stemprata dai ricordi e ci sarà una nuova realtà da amare.
Ciao Leonino anche tu ora fai parte di un pezzetto del mio cuore, vorrei che il viaggio che andrai a iniziare ti fosse dolce e lieve.
A te Silvia il mio abbraccio sincero, non avere timore, l'amore chiama amore e tu ne hai dato tanto e continuerai a darne a piene mani, con tanta stima e affetto,
Cesy

giovedì 14 aprile 2011

IMPLANTOLOGIA 2

sonno Pictures, Images and Photos E anche questa è andata!
Tanta la paura ma finalmente ho superato anche il seconto duplice impianto.
Stamattina dopo una notte quasi insonne mi sono presentata impaurita e arrabbiata nello studio dentistico.
Arrabbiata per il tempo trascorso in auto per raggiungere la città, poi il parcheggio, un calvario.
Finalmente ho trovato in seconda sala al Palagiustizia, si, certo, al ritorno non sapevo più dove era parcheggiata Gelsomina.
Questo sta a dimostrare come ero preoccupata, oppure no, sono sbadata per natura, poi tanto, lo so che trovo sempre tutto.
Però devo ammetterlo stamattina su quella poltrona ho avuto paura, mentre il dottore, carino lui, mi faceva l'anestesia ho sentito il cuore partire a mille.
Poi la sala sterilizzata, gli occhiali e tutto il resto, insomma che dire?
La paura è più forte del male, sicuramente delle mani che invadono la mia bocca è quasi uno stupro, troppo intimo e troppo invasivo!
Però sono riuscita a stare calma, un'ora e mezzo in balia altrui, alla fine mi sono detta brava!
Sono scesa al piano di sotto con le gambe tremanti e una busta di ghiaccio in ogni mano premuta sulle guance e un dolore che si stava diffondendo dal collo alla fronte.
La ricerca dell'auto è stata snervante, mi ci sono voluti una ventina di minuti per ritrovarla e poi a casa.
Dolorante e intorpidita mi sono messa a letto, naturalmente Kora ha voluto dimostrarmi il suo amore e così sul letto eravamo in due, a fatica ho dovuto tenere a bada i suoi umidi baci.
Dario ha dimostrato tutto il suo amore e la sua comprensione nel portarmi a casa la pizza e un fritto di pesce, sob.... sob.... io adoro il fritto di pesce, ma dopo quello che ho fatto forse non era proprio il caso.
Va beh, ora sono contenta che tutto sia finito, ora antibiotico, antidolorifico e nanne.... 

 

martedì 29 marzo 2011

LAURA

solitudine Pictures, Images and Photos
Laura aveva fretta di arrivare a casa, una dannata fretta!
La rabbia che sentiva dentro si riversava fuori in tremiti e singhiozzi, piangeva, lei che non piangeva mai.
Da sempre considerava il pianto inutile e dannoso, per piangere si deve avere qualcuno vicino per farsi sentire, per farsi coccolare.
Ma lei era sola da sempre, chiusa in se stessa senza dare mai la possibilità a nessuno di oltrepassare quel muro tirato su da lei.
Uno scafandro con feritoie  dalle quali lei osservava lo scorrere dei giorni, dei mesi e degli anni senza mai lasciarsi coinvolgere da niente e nessuno.
Libera di essere prigioniera di se stessa, libera del  suo non fare niente che le potesse far male.
Ma non era bastato, dove aveva sbagliato?
Entrò in casa di corsa, una casa bella e fredda come lei, a volte mangiava in piedi, sopra il lavandino per non sporcare nulla e per ridurre così il tempo che dedicava a se stessa.
Anche l'alimentarsi era inutile, a volte si dimenticava di mangiare,  se ne ricordava di notte quando non riusciva a dormire, mentalmente ne cercava il motivo e quando lo stomaco mandava segnali ben precisi l'alzarsi le procurava disagio.
Si strappò via la giacca e corse in bagno ma non arrivò alla tazza, il vomito la tradì, si accasciò a terra e sparse tutta la sua paura sul pavimento.
Non era più rabbia ora, era paura, una paura che puzzava come il suo vomito e che la faceva sentire come una bambina.
Solo le bambine piccole e incapaci vomitavano così, solo gli idioti sporcavano senza doversi preoccupare di chi doveva pulire dopo.
Frasi vecchie, nascoste dentro lei trovarono strade contorte per salire in superficie.
Scusami mamma, scusami, non ci sono riuscita a vomitare nel vasino, non picchiarmi mammina...... no, non ti chiamerò più mammina, te lo prometto mamma, sei mamma, non mammina....
Lo scafandro ora era diventato una coperta e Laura sentiva tutto il freddo dei tanti inverni fatti da sola, il gelo spesso e liscio dove tutto scivolava via anche il dolore era così facile da gestire, bastava una piccola spinta e cadeva via da lei.
Ma allora perchè era bastato così poco per fare cambiare tutto?
Stancamente entrò in doccia, come da bimba apri l'acqua al massimo e si accucciò lasciandosi accarezzare da quella cascata solitaria, così riusciva a pensare con più serenità.
Nascosta nella doccia realizzò che la vita era venuta a stanarla per presentarle il conto.
Scoppiò in una risata, il conto, già, un conto fatto di morte, la mano era già lì, su quella piccola bozza.
L'aveva scoperto una settimana prima, la sua prima reazione era stata di sorpresa, poi l'autopalpazione si era fatta professionale, accidenti si, c'era un nodulo, lo scafandro non era bastato.
La mattina dopo in ospedale Rosanna le aveva fatto la mammo, parlando del più e del meno come a non dare importanza a quello che stavano facendo.
Un ago aspirato con citologico e ora il verdetto, rabbia, rabbia e ora paura.
Una vita fatta solo di niente e ora tutte queste emozioni da inscatolare, solo che non aveva più posto dove metterle, non aveva amici o spalle su cui piangere.
No, piangere no, quante volte lo aveva detto ai pazienti?
Non serve piangere, bisogna lottare e ancora lottare, solo questo lei sapeva.
Quante volte queste parole le aveva sentite in casa?
Lottare, non piangere, ma le guerre fanno male, ci si ferisce, si sanguina e allora si va sotto la doccia e si piange la sotto, si piange piano e i singhiozzi fanno male strizzati con le mani premute sulla bocca.
Laura si alza non sa cosa fare, guarda il pavimento sporco e si sente sporca anche lei, c'è sempre un nemico, pensa, non è bastato non amare più per non soffrire, papà la sua battaglia l'aveva persa anni fa.
Già, forse tutto l'inizio partiva da papà, mammina, anzi mamma, non contava, o forse contava troppo.
Mamma lasciata presto, "buttata" giù da quella torre di ghiaccio che le si era formata nel cuore e mai più voluta.
E ora?
Laura sa cosa succederà, è medico lei, papà ne sarebbe orgoglioso.
Ma ora che fare?
Laura prende il telefonino e fa il numero a memoria, quel numero non c'è nella sua rubrica, aspetta una voce e si accorge di pregare anche se sa benissimo di non sapere pregare.
Preghiere dette con l'anima e la risposta del "pronto" la coglie impreparata,
mammina sono io, mammina sono Laura, posso chiamarti mammina mamma? Ho bisogno di te mammina....  
 

sabato 19 marzo 2011

PENSIERI STUPIDI...

Photobucket


Ho paura quando sento il rumore del silenzio.
Mi fa male sentire il vuoto del suo risucchiarmi.
Cado dentro a onde che mi affogano, so bene di non saper nuotare.
Fatico a seguire il faro, a volte sarebbe più facile lasciarsi andare, non combattere.
Giorni e giorni a contare ore su un soffitto.
Ore e ore a dirmi che non vale.
Non contano i dolori che mi fanno sentire viva.
A volte vorrei poter mollare.
Appigli inventati da me per trovare risposte giuste e per continuare.
Domande senza risposte lastricate in giorni senza senso.
Paure come domande lanciate verso obbiettivi fasulli.
Notti che non lasciano segni se non il nulla.
Frasi senza senso come queste lanciate o sparate nel nulla.
Aspettare un segno che naturalmente domani sarà diverso, finalmente!
Buona notte mondo dell'immaginario, la solitudine può esistere?
La luna è grande stasera e io mi sento piccola piccola....

  

domenica 27 febbraio 2011

NASCITE PRIMAVERILI

gatti


Oggi nevica, l'inverno vuole provare a fare paura, fa freddo ma già i merli cercano ramoscelli e il loro richiamo sembra una risata.
Guardo la neve scendere ma la magia non c'è più, ora voglio il sole e il rinascere della vita.
Sicuramente in casa mia la vita ultimamente è entrata a ondate, 11 gattini!
Già, era tanto tempo che le mie gatte non diventavano mamme, paciose e coccolose si sono godute le loro giornate anche dopo essere state in trasferta da Obi Wan.
Trasferte fatte otto giorni una dall'altra, un viaggio quasi fino a milano, ma che volete, quando l'amore e gli ormoni fanno impazzire...
Sissi che diventa matta dal desiderio, non bastono le urla strazianti, no, fa pipì ovunque.
Maya più timida ma ugualmente determinata, insomma Obi Wan è necessario.
Così lunedi 7 febbraio Sissi ha iniziato a seguirmi come un cagnolino già di prima mattina, io ero contenta perchè pensavo a un parto veloce, illusa.
Alle tre del pomeriggio il primo segno visibile, alle 10 la sera ho chiamato il veterinario, ma secondo lui tutto stava procedendo bene.
Che fare?
Io e Sissi sul lettone con la sala parto già pronta di panni puliti forbici e guanti, Dario in cameretta a dormire.
Alla fine a un quarto a mezzanotte il primo piccolo è nato, come al solito ho tagliato il cordone ombelicale e aperto il sacco permettendo così a Sissi di leccare suo figlio.
Piano piano sono nati gli altri fratellini, l'ultimo verso le quattro di mattina, credetemi, ero distrutta!
Sei piccoli perfetti pelosetti, quattro femmine e due maschietti, tutti vispi e urlanti, già impegnati a menarsi per accaparrarsi la mammella con più latte.
Abbiamo dormito tutti nel lettone, Sissi con i cuccioli nella grande cesta e io con la mano su di loro.
Perfetto, una era andata, ora restava ancora Maya, ero preoccupata, il ricordo di Pollicina mi tormentava e aspettavo con ansia l'evento.
A distanza esatta di otto giorni, il 15 febbraio Maya ha iniziato il travaglio ma velocemente, contrazioni forti e a distanza di mezz'ora il primo cucciolo è nato.
Il secondo era podalico e Maya non riusciva a farlo nascere, per il dolore si è avventata sul primo nato cercando di morderlo, con una mossa velocissima l'ho salvato e così ho dovuto fare anche con gli altri cuccioli.
Maya per il dolore cercava di morderli, non si rendeva conto di quello che faceva, alla fine è nato il quinto e ho capito che era un'altra Pollicina.
gatti Minuscola, la metà dei suoi fratellini e senza nessuna vitalità, non mi sono arresa, ho iniziato il a massaggiarla con del cotone, l'ho frizionata piano piano ma sembrava che non servisse a nulla.
Poi ho notato che la sua pancina iniziava a muoversi, che le zampette si agitavano, allora l'ho lasciata alla sua mamma che impaziente voleva conoscerla.
Non volevo scommettere su Pollicina, già una volta avevo perso, ma neppure mollarla senza tentare.
Siccome era troppo debole e non riusciva a trovare un posto tranquillo dove mangiare l'ho attaccata a un capezzolo di Sissi, la cosa ha funzionava.
Poi l'ho anche allattata con il biberon, insomma ora Pollicina è una graziosa signorina e ha già aperto gli occhietti.
Adesso ho trasferito le due gatte con tutti i figli nel mezzo letto, uno spettacolo!
Anche l'allattamento ora è fatto senza distinzioni, Sissi e Maya si danno  ai piccoli sia figli che nipoti e alla sera c'è solo un enorme nido fatto d'amore.