domenica 6 novembre 2011

SABATO A MILANO


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Giornata nera, gonfia di pioggia e di vento, a casa si sta bene e il solo pensare di uscire mi fa rabbrividire.
Ieri siamo stati a milano a portare Kora dal veterinario, piccola operazione, rimozione della piastra d'acciaio che aveva inserito nella gamba.
Ora va tutto bene, la piccola si è ripresa e tenerla ferma diventa difficile, ma ieri è stata dura.
Siamo partiti presto sotto una pioggia pesante, l'autostrada monotona a parte i colori dell'autunno, l'arrivo a milano ha solo confermato quello che penso di questa città.
Non mi piace, quei palazzoni anonimi, tutte quelle case piene di persone accatastate une sulle altre, mi rendo conto di vivere in un posto meraviglioso.
Riflettendo in uno di quei palazzoni ci starebbero tutte le persone che abitano in 4/5 vie della mia zona.
Anche l'autunno a Milano è più avanzato, magari sarà lo smog, gli alberi sono già quasi tutti spogli, da me ci sono solo foglie colorate di mille sfumature, senza dubbio domani sarà diverso.
Mentre scrivo sento il vento che la fa da padrone, prepotente e cattivo fa sbattere i rami con forza.
Abbiamo lasciato Kora in ambulatorio dopo essere stati con lei fino a che non è stata sedata poi siamo andati in centro.
Sicuramente la bellezza di Milano è lì, tutto pulito e luccicante, palazzi belli e importanti, ma quanto caos, quanta fretta, umanità in perenne file senza nemmeno guardarsi, soli in mezzo a moltitudini di persone sole.
Ci si può nascondere, ci si può morire tra questa indifferenza, anche l'urto involontario non è seguito da nessuna scusa, solo sguardi assenti e frettolosi, trovare un sorriso è raro.
Riflessioni stupide, non è che Brescia sia meno anonima ma essendo più piccola è più vivibile, i paesi riescono ancora a darti la parvenza di comunità accogliente, sicuramente c'è tanta paura e la sera si cerca la luce, non si cammina nel buio nemmeno a Brescia.
Quando siamo ritornati a prendere Kora lei non riusciva a stare in piedi, era sdraiata in gabbia ma quando mi ha visto i suoi occhi si sono illuminati e con la coda ha dimostrato tutta la sua gioia.
L'abbiamo caricata in auto e io mi sono messa dietro con lei, tremava così l'ho coperta e coccolata, stanotte ha dormito sul lettone, ora sta molto meglio e anch'io sono più serena.
A volte basta poco per stare bene, lo sguardo di una cagnolona dolcissima ti cambia la giornata, fa niente se piove e fa freddo una leccata umida fa nascere il sorriso.  

domenica 16 ottobre 2011

VALENTINA

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Ti amo, mamma.
Queste parole come musica le cantavano nel cuore, era sicura che le cose sarebbero andate bene ora.
Ora che vedeva sua figlia quasi serena, allungò la felpa e guardò Valentina togliersi la maglietta.
Il gelo invase di colpo il suo corpo e ogni musica sparì.
Restò immobile a fissare quei tagli fatti lungo il corpo, dove i vestiti coprono di più, tagli rossi, recenti e crudeli.
Valentina come una furia si girò urlando e si nascose nella felpa enorme, tutto ripiombò nel dolore.
Vane le promesse, vane le carezze, anche l'amore era inutile, anche pregare o il bestemmiare non sarebbe servito a nulla!
Valentina stava sprofondando in un pozzo nero e non voleva essere aiutata, voleva morire.
Come si fa a lasciare morire una figlia?
Come aiutarla se lei non vuole?
Anche l'abbraccio era una corda da cui scappare per non essere presa.
Presa dall'amore, ma Valentina voleva un altro amore e questo lei lo sapeva, maledetto amore sbagliato.
L'amore può essere un assassino, l'amore ti uccide se non ti ama.
Anche le lacrime sono inutili, sterili e senza sollievo, trovare soluzioni a volte è impossibile.
Ogni giorno è un rimbalzare su un muro, ogni giorno una cicatrice si aggiunge a quella precedente, non importa, si diventa insensibili e l'andare avanti diventa automatico.
Un vivere attorno a noi stessi, questo pensa, spiare quel dolore, capire se Valentina può portarlo, prendere speranza ogni volta che Valentina sorride, sentire il cuore balzare in gola quanto Valentina canta.
Domani sarà diverso, normale finalmente! 

mercoledì 28 settembre 2011

IL VIAGGIO

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 La bimba era già a letto nonostante il sole battesse ancora sui vetri della finestra.
La mamma era stata categorica, "a letto presto presto, domani mattina ci si alzaa alle 5!".
Che avventura, pensava Lisa nascondendosi alla luce, il corpo avviluppato da coperte fatte a capanna attorno a lei.
Domani avrebbe preso il pulman e sarebbe andata a trovare i nonni!
Un viaggio lungo quasi una giornata, una storia da raccontare lunga lunga a compagne invidiose e antipatiche.
Pensando a loro quasi si dimenticava di chiudere gli occhi e di chiamare il sonno. sempre sorridendo scivolò nel sogno.
La sveglia trillò nel silenzio di casa, Lisa come una molla corse a prepararsi, bastò poco, tutto era già pronto, la mamma chiuse la casa e preso in braccio la sorellina più piccola si avviarono a piedi.
I loro passi rimbombavano per le vie deserte del piccolo paese, solo le rondini mattiniere come loro le guardavano passare stupite.
Già il sole spuntava dalle cime colorando di rosa le nuvole, Lisa era felice mentre guardava il grosso pulman fermo ad aspettarle.
Veramente non le stava aspettando, era l'ultima fermata il quel paese aggrappato alle montagne.
Un paese dove anche la strada si fermava contro il nulla, il pulman era l'unico mezzo per scendere alla civiltà.
Lisa scelse il posto vicino al finestrino, si sistemò con cura assicurandosi di potere vedere bene in ogni direzione, erano solo loro, tre femmine e l'autista.
Il via fu dato con uno strappo potente, Lisa rabbrividì, era fatta, era in viaggio!
Tutto era nuovo, gli alberi sembravano rincorrerla, non la volevano lasciare andare, per un attimo Lisa pensò di cadere nel buco che le si era formato dentro.
Un vortice di piacere e di ansia, il sobbalzare dell'autobus mentre girava quasi su se stesso in curve strette e costeggiate di dirupi faceva si che il respiro per un attimo smettesse di uscire.
Agrappata al finestrino ammirava il veloce scorrere del panorama, a ogni paese c'era la fermata e il pulman piano piano si riempiva.
Gente che andava al lavoro, Lisa li guardava con curiosità, sembravano già stanchi con vestiti vecchi e le mani callose messe a mò di cuscino sotto la guancia, qualcuno si addormentava.
Donne che andavano al mercato con i loro abiti migliori, sprofondate nei sedili a parlottare fra loro, sembravano delle pagnotte appena tolte dal forno, le guancie rosse per il piacere di quello che ancora non avevano visto ma che sicuramente avrebbero comprato.
Ragazzi che andavano a scuola, studenti come diceva la sua mamma, lei era una scolara, per essere studenti si doveva prendere il pulman e scendere a valle per le superiori.
Lisa osservava tutto e tutti, era la migliore avventura che mai avesse avuto e nemmeno immaginato e poi il viaggio era appena iniziato.
Arrivati a valle si doveva cambiare pulman, ad aspettarle c'era un pulman azzurro, a Lisa sembrò molto più bello e più grande, anche l'odore era diverso, non sapeva di polvere e di freddo, un profumo di cose nuove l'avvolse.
Anche le persone sembravano diverse, più allegre, più belle, Lisa sorrise sentendosi parte di un universo misterioso, tutto da scoprire e da "imparare".
Il pulman correva senza strappi, sembrava volare su una corsia fatta di bambagia, anche le macchine piccole e timorose sembravano scostarsi per lasciare libero il passaggio, quasi intuissero l'urgenza dell'arrivo.
Lisa guardava tutto, anche i vari saluti erano per lei novità ma alla fine la cosa divenne normale, come il parlare a persone sconosciute, mai fatto prima, la mamma sorrideva e partecipava ai discorsi.
Un parlare che spaziava dal tempo al cosa si faceva, discorsi brevi o lunghi a seconda delle fermate, un semplice arrivederci e l'uscita di scena, già, il pulman come un palcoscenico viaggiante.
L'idea del palco lasciò Lisa senza fiato, ecco cos'era, un teatro, un bellissimo teatro viaggiante!
Persone che per un'ora entravano nella tua vita e poi così, semplicemente se ne andavano regalandoti una manciata del loro vivere.
Tasselli di vite che facevano ricordi e voci, sorrisi e racconti che se belli si sarebbero raccontati, magari inventando un finale, magari rendendoli propri.
Lisa guardava quegli attori di vita e assimilava il diverso, anche i dialetti erano stranieri, decifrare le parole a volte era impossibile ma quante risate quando capiva il significato, a volte la mamma la zittiva, a volte rideva con lei amiccante e complice.
Le ore passavano veloci e la città le accolse con il suo caos, altro cambio di pulman, altro colore, giallo stavolta, un colore ridente che ben si addiceva a quel fiume incessante di auto.
Lisa stretta sul sedile guardava gli studenti stipati ovunque, tanti in piedi e tanti ammucchiati sui sedili, pochi parlavano, quasi tutti collegati a cuffie ascoltavano musica.
Il pulman non sembrava più un teatro ma una grande macchina con tanti manichini collegati a fili misteriosi, forse venivano alimentati attraverso quei fili.
Forse venivano indottrinati a nuove religioni, chissà, un esercito fatto di ragazzi che non si guardavano, non si parlavano ma che aspettavano nuovi ordini da un tiranno nascosto nelle loro cuffie.
Lisa guardò la mamma che con un semplice segno l'ammoni di stare zitta e le indicò con il mento la porta.
Mancava poco all'arrivo, a Lisa dispiaceva lasciare il viaggio, già, perchè un pulman continua a viaggiare, era fatto per questo, ma sapeva che ci sarebbe stato il viaggio del ritorno e questo la fece stare bene.
Raccolse il suo zainetto e si avviò piano verso l'uscita chiedendo scusa prima a bassa voce, poi quasi urlando a quegli alieni che si trovavano nel corridoio, a fatica raggiunsero la porta e scesero.
Toccare terra fu per Lisa una vertigine, si fermò a guardare il grosso pulman partire e rivide tutto e tutti, un grande palcoscenico sul quale tutti si è protagonisti e la vita è semplicemente la trama.
   

mercoledì 14 settembre 2011

VECCHI SOGNATORI

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Una serata normale, un trovarsi attorno al tavolo a mangiare una pizza e a parlare.
Amici e complici, battute e risate, discorsi fatti d'affetto e di carezze negli occhi.
Fermarsi ad ascoltarsi e vedere ancora i sogni aleggiare in alto sopra noi.
Quattro persone "grandi" che si raccontano i progetti del fare domani, come se di domani ce ne fossero a iosa, che bello!
La risata parte gorgogliante per poi tramutarsi in uno scoppio di puro divertimento vedendo l'espressione di stupore degli amici.
Non capiscono, spiegarlo è come strappare un velo, è un ritrovare tutti quei progetti ancora addormentati, è un dirci che si, possiamo ancora realizzarli.
Chi dice che i sogni sono solo per gli adolescenti?
Noi non siamo mai invecchiati dentro, noi ancora crediamo di cambiare il mondo e ci riusciamo.
Sicuramente il nostro vivere è come lo abbiamo voluto noi, ci stiamo bene e ci ritroviamo simili in tante cose.
Caro il mio Boss, caro amico mio, gelosa non lo sono per l'affinità che ti avvicina a Dario anzi, mi fa bene vedervi parlare, ascoltarvi è bello, due adolescenti con i capelli grigi pronti a partire per qualsiasi giusta guerra.
Ogni giorno siamo in guerra, scindere le informazioni che ci riversano in continuazione addosso, capire quali sono le verità nascoste e restare noi stessi, non omologarci è l'imperativo.
Sappiamo che non si può combattere contro mulini a vento, è appunto questa consapevolezza che ci fa veri e forti, in fondo noi crediamo in tante Dulcinee, magari buttate per giorni o anni in cassetti scuri ma sappiamo che sono lì e che ci aspettano.
Ancora possiamo gioire di un tramonto, ancora possiamo piangere abbracciando un albero, ancora gridiamo grazie alla luna e ancora e ancora...... viviamo...
   

mercoledì 15 giugno 2011

ARRIVEDERCI...

Fantasy Elf Pictures, Images and Photos L'estate è alle porte, i blog sembrano pianeti disabitati.
Case abbandonate con ragnatele comparse di domande vuote.
Fa male entrare e non trovare risposte, anche solo un buon giorno farebbe bene.
Mi giro e rigiro cercando un sorriso, poi mi accorgo che anch'io ne sono assente e mi fermo sorpresa.
Si, anch'io sono per altre strade, sono già via, passo per un saluto veloce, tanto per non far dimenticare che esisto.
Già sono altrove, seguo con lo sguardo l'evolversi di questa estate piovosa, già sono via.
Migrante in cerca di sole, di serenità, lascio il blog a quest'inverno, ora non voglio impegnarmi.
Altri soli mi attendono, sicuramente le mie emozioni troveranno sempre casa qui, culla ideale e diario di adolescente tarda.
Lacrime e sogni lanciati nel web come richiamo d'aiuto, tanto so che nessuno verrà in mia salvezza!
Ma anche grida d'amicizia, quella si che ne colgo a piene mani!
Guardo con tenerezza giorni andati e aspetto con serenità quelli a venire, ruota che fa ciclo di vita e mai delude.
Lascio a voi che passate un abbraccio grande, non un addio ma un arrivederci a tempi più generosi di convivenza e di affetto.
Vi lascio con la consapevolezza di avere avuto tanto, tantissimo da tutti voi e so che sicuramente non è un addio ma un arrivederci.
Con stima e affetto,
Cesy


lunedì 30 maggio 2011

LUCCIOLE E URLA

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Le urla sono finalmente fuggite, solo l'eco è rimasto tra le trame del tempo.
Urla come farfalle impigliate in reti di pensieri, colori di lucciole impazzite contro il barattolo di vetro.
Urla di voci chiassose, indifferenti al dolore di occhi colmi di lacrime.
Lucciole prese in una sera di maggio, notte magica a rincorrerle al chiarore di luna.
Fuochi fatui, promesse di gioia rinchiuse in scatole nere.
Come lanterne di fate non indicano nessuna strada, il bosco di notte fa solo paura.
Solo le urla trovano la strada, quella più corta, la maledetta!
Può sorgere la luna ma non sempre è luna piena.
Luna buona.
Luna nera fa paura, il silenzio ne è garante.
Anche il silenzio tace nel bosco, nemmeno un albero si scuote.
Silenzio fatto di pece, la volpe stanotte digiuna e danzano sole le streghe.
Sciamane sorelle dimenticate, solo le urla vi sono amiche, il vuoto che vi attornia fa casa.
La notte come ogni notte finisce, il sole sorge, resta solo il barattolo e le lucciole.
Nulla è più magico, nemmeno le lucciole, insetti neri senza più luce....

giovedì 19 maggio 2011

NIENTE PERDONO

abuso Pictures, Images and Photos La notizia le arrivò dopo giorni, ma le esplose dentro e fece male.
Era morto e sepolto, già la pioggia filtrava nella bara e il buio lo stringeva nell'abbraccio eterno.
Ancora e ancora non riusciva a perdonare, tutto il silenzio e il dolore che circondava quella sua piccola e immensa storia le tolsero il tempo ributtandola all'origine di quel dolore.
Una manciata d'anni, sei? Oppure di meno?
Non ricordava, sa solo che era primavera e con la mamma era andata per cicorie, che bello!
Era raro uscire da sola con la mamma, era bello, la mamma le insegnava posti segreti e le raccontava storie vissute da bimba.
Anche quel giorno era riuscita a far suonare il tarassaco cantando la canzoncina magica.
Sona sona bel fiurì, sona sona bel fiurì, fal per me bel fiurì, sona sona sul per me....
Era quasi sera, l'azzurro si infittiva di rondini chiassose e le cime erano oro puro, la salita era un mare  verde punteggiato di fiori un vento dolce le accompagnava verso il paese.
La bimba era stanca, la bocca sporca e appicicosa del colore e del succo di fragole, sdraiata in quel mare d'erba, gli occhi appesi alle nuvole e il cuoricino aperto alla vita, era stanca e felice.
Felice di esistere, felice di vivere, ogni cosa era perfetta, anche il falchetto che volteggiava su di lei, certamente in cerca di una lepre o di un pollo, tutto era giusto.
Anche il ragazzo suo vicino di casa, una manciata d'anni più di lei era lì, seduto a guardare a valle.
Quante volte la bimba e il ragazzo avevano giocato assieme?
La mamma non si preoccupò, in paese tutti i bimbi erano fratelli, si avviò verso casa svelta già pensando alla cena, lasciò la bimba ai suoi sogni.
Sogni che diventano incubi!
La bimba non poteva sapere di curiosità malate, sa solo che di colpo il cielo sopra lei è diventato nero di paura, "l'amico" è diventato una bestia.
Con forza la preme contro l'erba alta, quasi soffoca in quel groviglio di steli e calore, cerca di diffendersi, il perchè non lo sa ma lo intuisce.
Una lotta silenziosa, inutile gridare, lo sa, mille mani che cercano di alzare la gonnellina, le sue manine che cercano di tenerla ferma, le mutandine quasi strappate e alla fine solo quella voce "sta ferma, voglio solo vedere come sei fatta".
Ricorda le lacrime che si fermano nelle orecchie, pozzi di vergogna.
Vergogna verso se stessa, lotta ancora e alla fine lui la lascia, vergogna verso lui, lo guarda negli occhi e sa già che mai e poi mai lo perdonerà, mai!
Sa che ha subito una violenza grande ma sa che non ne parlerà, il perchè è perso nel suo essere donna, sa solo che non si fermerà mai più da sola con un "amico".
Le rondini gridano e loro dicono tutto al mondo, ma il mondo continua indifferente.
Anche la mamma non si accorge di nulla, la cena è pronta ma la bimba non ha fame, cerca dentro di lei un pensiero per assolversi e per perdonarsi.
Tante sere d'estate sono passate, la bimba è diventata donna ma si è sempre portata quel segreto addosso, un male che sgorgava ogni volta che vedeva il "ragazzo".
Piccola e crudele donna anche lei, quando l'ha visto malato e in balia di un male lungo e incurabile ha gioito, ecco la giusta punizione ha pensato.
Una punizione per quello che lui le ha fatto, anche ora che sa che è morto quello che sente sono ancora i gridi delle rondini, anche ora il perdono non c'è....
Non c'era bosco, ma prati, non c'era buio ma sole non c'era un lupo ma un "amico", non era fiaba ma realtà..... forse.
Ma il perdono sicuramente no!