giovedì 5 maggio 2011

GRAZIE

A volte è veramente difficile capire cosa si vuole, cosa fare della propria vita.
Da bambina non avevo grandi sogni, l'importante era vivere.
Sembrerà assurdo ma non c'era la certezza del domani come non c'era mai un letto caldo d'inverno.
Si viveva così, già ero leggenda con la mia nascita a 7 mesi, io che camminavo a 9 mesi, uno sgrufolo piccino piccino che faceva pena alle donne della fontana.
Ancora adesso in paese trovo l'anziana che si ricorda con quanta forza mi fossi attaccata alla vita.
Vita fatta di giorni ricamati a catinelle verso anni più belli, ma tutti bagnati dal sudore del lavoro non sapendo che era lavoro.
Anche l'imparare a falciare un prato a 11 anni non sembrava peccato, altro che lavoro minorile!
Portare a casa il latte appena munto per la colazione del mattino era cosa da fare, non si giocava a bambole ma c'erano i fratellini fasciati a mummia da spupazzare.
Forse non si sapeva sognare, troppa era la realtà.
Bastava per riempire un'infazia e l'adolescenza, non c'era tempo per i principi azzurri ne per i ranocchi, bastavano i folletti e le fate del bosco.
Bastava la luna e il suo chiarore a fare piangere di gioia senza sapere il perchè.
E quel tremito dentro, quella voglia di andare "oltre", piangere su pagine lette di nascosto e scoprire così un mondo voluto.
Nascondersi ai margini e spiare la vita, chiudersi a riccio e aspettare il risveglio.
Capire che c'è sempre il tempo del vivere e del crescere e dell'amare.
E ci sono i sogni-verità, allora si possono lasciare i libri e entrare senza paura nella realtà.
Grazie vita, tu mi hai dato tanto, tantissimo, tutti i  miei sogni in una realtà concreta e vissuta.
Anche i dolori ne fanno parte, aiutano a restare a terra, mai volare troppo in alto, Icaro insegna l'umiltà.

Anche il tempo non ha età, è di nuovo maggio, ancora alla finestra osservo il vivere del mondo, le sue guerre e le sue fasulle promesse, come un miraggio la pace ci fa sognare.
Ma in fondo la pace non esiste, forse nella morte si concretizza, anche la parola stessa suona vuota.
Mi allungo pigra su questi giorni senza scopo se non il vivere e mi sento una miracolata, sto bene, vorrei che durasse all'infinito con tutti i miei problemi ma va bene così.
Ogni alba mi trova in pista, sempre cosciente della fortuna del nuovo giorno, anche stamattina ho incontrato un passerotto ai suoi primi voli di vita e se riesce a vivere lui....
Grazie vita, Grazie


mercoledì 20 aprile 2011

LEONINO SILVIA LUNA

Photobucket Leonino è un gatto e sta morendo.
Leonino è un gatto fortunato, non perchè sta morendo ma perchè è un gatto amato.
Leonino ha sette anni e vive con una persona che lo ama tantissimo, Silvia.
Silvia è una ragazza dolcissima, ha occhi grandi e profondi, ti ci perdi in quegli occhi.
L'abbracci e senti tutta la sua fragilità, il suo dolore, la guardi e sprofondi nei suoi occhi fino al cuore.
Un cuore che si ribella alla realtà che dovrà vivere, per lei Leonino è più di un amico, è il suo doppio.
Sette anni vissuti in simbiosi, il primo buongiorno è loro come la buonanotte data con un bacio e l'abbraccio fatto fagotto di coperte e sonno.
Gli studi, e la laurea condivisi, anche l'amore è stato vissuto a due, l'intruso ha dovuto prima conquistare Leonino poi, Silvia.
Al matrimonio forse non c'era ma sicuramente nella nuova casa il posto migliore è sempre stato suo.
Anni di serenità fino a settembre, poi l'abisso.
Un tumore maligno, già, anche ai gatti vengono i tumori.
Un tumore di quelli schifosi, quelli a cui il veterinario dice subito che non c'è niente da fare, ma Silvia non ha mollato.
Nemmeno Leonino ha mollato, chemioterapia e tutto il resto, ore e ore fatte di dolore e speranza ma la sera era un allentare le funi.
Se quel letto potesse parlare sarebbe solo l'amore il protagonista, coccole e coccole condite con la speranza di potere andare avanti all'infinito.
Ma ora anche la speranza viene meno, il tumore come un bubbone è esploso in tutta la sua crudeltà e Silvia sta male.
Non vuole prendere una decisione, non ne è capace, sarà il veterinario a decidere quando Leonino dovrà fermarsi un pò di più, il tempo per volare sul ponte dell'arcobaleno.
Intanto una nuova amica sta aspettando Silvia, un batufolo argento blù chiamato Luna, la guardo e so che è bellissima e dolcissima, l'ideale per Silvia.
Quando è venuta a trovarmi mi ha chiesto di scegliere per lei la più dolce, un impegno arduo con 11 gattini!
Ma piano piano l'ho individuata, era quella che ronfava subito come la toccavi, quella che saliva in grembo e ti guardava con occhi seri.
Chissà cosa voleva dirmi?
Trovargli una mamma che l'avrebbe amata, che l'avrebbe fatta sentire unica?
Con Silvia il mio compito è compiuto, so che Luna sarà regina.
Ora c'è solo dolore e tristezza per Silvia e Michele ma più avanti ci sarà ancora il sole e le corse sfrenate di Luna a regalare loro il sorriso.
Certo, Leonino sarà sempre presente nei loro cuori, ci mancherebbe, ma la tristezza sarà stemprata dai ricordi e ci sarà una nuova realtà da amare.
Ciao Leonino anche tu ora fai parte di un pezzetto del mio cuore, vorrei che il viaggio che andrai a iniziare ti fosse dolce e lieve.
A te Silvia il mio abbraccio sincero, non avere timore, l'amore chiama amore e tu ne hai dato tanto e continuerai a darne a piene mani, con tanta stima e affetto,
Cesy

giovedì 14 aprile 2011

IMPLANTOLOGIA 2

sonno Pictures, Images and Photos E anche questa è andata!
Tanta la paura ma finalmente ho superato anche il seconto duplice impianto.
Stamattina dopo una notte quasi insonne mi sono presentata impaurita e arrabbiata nello studio dentistico.
Arrabbiata per il tempo trascorso in auto per raggiungere la città, poi il parcheggio, un calvario.
Finalmente ho trovato in seconda sala al Palagiustizia, si, certo, al ritorno non sapevo più dove era parcheggiata Gelsomina.
Questo sta a dimostrare come ero preoccupata, oppure no, sono sbadata per natura, poi tanto, lo so che trovo sempre tutto.
Però devo ammetterlo stamattina su quella poltrona ho avuto paura, mentre il dottore, carino lui, mi faceva l'anestesia ho sentito il cuore partire a mille.
Poi la sala sterilizzata, gli occhiali e tutto il resto, insomma che dire?
La paura è più forte del male, sicuramente delle mani che invadono la mia bocca è quasi uno stupro, troppo intimo e troppo invasivo!
Però sono riuscita a stare calma, un'ora e mezzo in balia altrui, alla fine mi sono detta brava!
Sono scesa al piano di sotto con le gambe tremanti e una busta di ghiaccio in ogni mano premuta sulle guance e un dolore che si stava diffondendo dal collo alla fronte.
La ricerca dell'auto è stata snervante, mi ci sono voluti una ventina di minuti per ritrovarla e poi a casa.
Dolorante e intorpidita mi sono messa a letto, naturalmente Kora ha voluto dimostrarmi il suo amore e così sul letto eravamo in due, a fatica ho dovuto tenere a bada i suoi umidi baci.
Dario ha dimostrato tutto il suo amore e la sua comprensione nel portarmi a casa la pizza e un fritto di pesce, sob.... sob.... io adoro il fritto di pesce, ma dopo quello che ho fatto forse non era proprio il caso.
Va beh, ora sono contenta che tutto sia finito, ora antibiotico, antidolorifico e nanne.... 

 

martedì 29 marzo 2011

LAURA

solitudine Pictures, Images and Photos
Laura aveva fretta di arrivare a casa, una dannata fretta!
La rabbia che sentiva dentro si riversava fuori in tremiti e singhiozzi, piangeva, lei che non piangeva mai.
Da sempre considerava il pianto inutile e dannoso, per piangere si deve avere qualcuno vicino per farsi sentire, per farsi coccolare.
Ma lei era sola da sempre, chiusa in se stessa senza dare mai la possibilità a nessuno di oltrepassare quel muro tirato su da lei.
Uno scafandro con feritoie  dalle quali lei osservava lo scorrere dei giorni, dei mesi e degli anni senza mai lasciarsi coinvolgere da niente e nessuno.
Libera di essere prigioniera di se stessa, libera del  suo non fare niente che le potesse far male.
Ma non era bastato, dove aveva sbagliato?
Entrò in casa di corsa, una casa bella e fredda come lei, a volte mangiava in piedi, sopra il lavandino per non sporcare nulla e per ridurre così il tempo che dedicava a se stessa.
Anche l'alimentarsi era inutile, a volte si dimenticava di mangiare,  se ne ricordava di notte quando non riusciva a dormire, mentalmente ne cercava il motivo e quando lo stomaco mandava segnali ben precisi l'alzarsi le procurava disagio.
Si strappò via la giacca e corse in bagno ma non arrivò alla tazza, il vomito la tradì, si accasciò a terra e sparse tutta la sua paura sul pavimento.
Non era più rabbia ora, era paura, una paura che puzzava come il suo vomito e che la faceva sentire come una bambina.
Solo le bambine piccole e incapaci vomitavano così, solo gli idioti sporcavano senza doversi preoccupare di chi doveva pulire dopo.
Frasi vecchie, nascoste dentro lei trovarono strade contorte per salire in superficie.
Scusami mamma, scusami, non ci sono riuscita a vomitare nel vasino, non picchiarmi mammina...... no, non ti chiamerò più mammina, te lo prometto mamma, sei mamma, non mammina....
Lo scafandro ora era diventato una coperta e Laura sentiva tutto il freddo dei tanti inverni fatti da sola, il gelo spesso e liscio dove tutto scivolava via anche il dolore era così facile da gestire, bastava una piccola spinta e cadeva via da lei.
Ma allora perchè era bastato così poco per fare cambiare tutto?
Stancamente entrò in doccia, come da bimba apri l'acqua al massimo e si accucciò lasciandosi accarezzare da quella cascata solitaria, così riusciva a pensare con più serenità.
Nascosta nella doccia realizzò che la vita era venuta a stanarla per presentarle il conto.
Scoppiò in una risata, il conto, già, un conto fatto di morte, la mano era già lì, su quella piccola bozza.
L'aveva scoperto una settimana prima, la sua prima reazione era stata di sorpresa, poi l'autopalpazione si era fatta professionale, accidenti si, c'era un nodulo, lo scafandro non era bastato.
La mattina dopo in ospedale Rosanna le aveva fatto la mammo, parlando del più e del meno come a non dare importanza a quello che stavano facendo.
Un ago aspirato con citologico e ora il verdetto, rabbia, rabbia e ora paura.
Una vita fatta solo di niente e ora tutte queste emozioni da inscatolare, solo che non aveva più posto dove metterle, non aveva amici o spalle su cui piangere.
No, piangere no, quante volte lo aveva detto ai pazienti?
Non serve piangere, bisogna lottare e ancora lottare, solo questo lei sapeva.
Quante volte queste parole le aveva sentite in casa?
Lottare, non piangere, ma le guerre fanno male, ci si ferisce, si sanguina e allora si va sotto la doccia e si piange la sotto, si piange piano e i singhiozzi fanno male strizzati con le mani premute sulla bocca.
Laura si alza non sa cosa fare, guarda il pavimento sporco e si sente sporca anche lei, c'è sempre un nemico, pensa, non è bastato non amare più per non soffrire, papà la sua battaglia l'aveva persa anni fa.
Già, forse tutto l'inizio partiva da papà, mammina, anzi mamma, non contava, o forse contava troppo.
Mamma lasciata presto, "buttata" giù da quella torre di ghiaccio che le si era formata nel cuore e mai più voluta.
E ora?
Laura sa cosa succederà, è medico lei, papà ne sarebbe orgoglioso.
Ma ora che fare?
Laura prende il telefonino e fa il numero a memoria, quel numero non c'è nella sua rubrica, aspetta una voce e si accorge di pregare anche se sa benissimo di non sapere pregare.
Preghiere dette con l'anima e la risposta del "pronto" la coglie impreparata,
mammina sono io, mammina sono Laura, posso chiamarti mammina mamma? Ho bisogno di te mammina....  
 

sabato 19 marzo 2011

PENSIERI STUPIDI...

Photobucket


Ho paura quando sento il rumore del silenzio.
Mi fa male sentire il vuoto del suo risucchiarmi.
Cado dentro a onde che mi affogano, so bene di non saper nuotare.
Fatico a seguire il faro, a volte sarebbe più facile lasciarsi andare, non combattere.
Giorni e giorni a contare ore su un soffitto.
Ore e ore a dirmi che non vale.
Non contano i dolori che mi fanno sentire viva.
A volte vorrei poter mollare.
Appigli inventati da me per trovare risposte giuste e per continuare.
Domande senza risposte lastricate in giorni senza senso.
Paure come domande lanciate verso obbiettivi fasulli.
Notti che non lasciano segni se non il nulla.
Frasi senza senso come queste lanciate o sparate nel nulla.
Aspettare un segno che naturalmente domani sarà diverso, finalmente!
Buona notte mondo dell'immaginario, la solitudine può esistere?
La luna è grande stasera e io mi sento piccola piccola....

  

domenica 27 febbraio 2011

NASCITE PRIMAVERILI

gatti


Oggi nevica, l'inverno vuole provare a fare paura, fa freddo ma già i merli cercano ramoscelli e il loro richiamo sembra una risata.
Guardo la neve scendere ma la magia non c'è più, ora voglio il sole e il rinascere della vita.
Sicuramente in casa mia la vita ultimamente è entrata a ondate, 11 gattini!
Già, era tanto tempo che le mie gatte non diventavano mamme, paciose e coccolose si sono godute le loro giornate anche dopo essere state in trasferta da Obi Wan.
Trasferte fatte otto giorni una dall'altra, un viaggio quasi fino a milano, ma che volete, quando l'amore e gli ormoni fanno impazzire...
Sissi che diventa matta dal desiderio, non bastono le urla strazianti, no, fa pipì ovunque.
Maya più timida ma ugualmente determinata, insomma Obi Wan è necessario.
Così lunedi 7 febbraio Sissi ha iniziato a seguirmi come un cagnolino già di prima mattina, io ero contenta perchè pensavo a un parto veloce, illusa.
Alle tre del pomeriggio il primo segno visibile, alle 10 la sera ho chiamato il veterinario, ma secondo lui tutto stava procedendo bene.
Che fare?
Io e Sissi sul lettone con la sala parto già pronta di panni puliti forbici e guanti, Dario in cameretta a dormire.
Alla fine a un quarto a mezzanotte il primo piccolo è nato, come al solito ho tagliato il cordone ombelicale e aperto il sacco permettendo così a Sissi di leccare suo figlio.
Piano piano sono nati gli altri fratellini, l'ultimo verso le quattro di mattina, credetemi, ero distrutta!
Sei piccoli perfetti pelosetti, quattro femmine e due maschietti, tutti vispi e urlanti, già impegnati a menarsi per accaparrarsi la mammella con più latte.
Abbiamo dormito tutti nel lettone, Sissi con i cuccioli nella grande cesta e io con la mano su di loro.
Perfetto, una era andata, ora restava ancora Maya, ero preoccupata, il ricordo di Pollicina mi tormentava e aspettavo con ansia l'evento.
A distanza esatta di otto giorni, il 15 febbraio Maya ha iniziato il travaglio ma velocemente, contrazioni forti e a distanza di mezz'ora il primo cucciolo è nato.
Il secondo era podalico e Maya non riusciva a farlo nascere, per il dolore si è avventata sul primo nato cercando di morderlo, con una mossa velocissima l'ho salvato e così ho dovuto fare anche con gli altri cuccioli.
Maya per il dolore cercava di morderli, non si rendeva conto di quello che faceva, alla fine è nato il quinto e ho capito che era un'altra Pollicina.
gatti Minuscola, la metà dei suoi fratellini e senza nessuna vitalità, non mi sono arresa, ho iniziato il a massaggiarla con del cotone, l'ho frizionata piano piano ma sembrava che non servisse a nulla.
Poi ho notato che la sua pancina iniziava a muoversi, che le zampette si agitavano, allora l'ho lasciata alla sua mamma che impaziente voleva conoscerla.
Non volevo scommettere su Pollicina, già una volta avevo perso, ma neppure mollarla senza tentare.
Siccome era troppo debole e non riusciva a trovare un posto tranquillo dove mangiare l'ho attaccata a un capezzolo di Sissi, la cosa ha funzionava.
Poi l'ho anche allattata con il biberon, insomma ora Pollicina è una graziosa signorina e ha già aperto gli occhietti.
Adesso ho trasferito le due gatte con tutti i figli nel mezzo letto, uno spettacolo!
Anche l'allattamento ora è fatto senza distinzioni, Sissi e Maya si danno  ai piccoli sia figli che nipoti e alla sera c'è solo un enorme nido fatto d'amore. 

domenica 13 febbraio 2011

NON CHIAMIAMOLI SCHERZI.....

piedi Pictures, Images and Photos Nadia si voltò di scatto alle urla che echeggiavano dietro di lei, ebbe solo la fugace visione di ragazzi che si rincorrevano lungo la pista ciclabile.
Un ragazzino era rincorso da altri ragazzi urlanti e minacciosi, Nadia cercò un solo motivo per chiudere occhi e orecchie ma non ne trovò.
Con passo veloce Nadia arrivò vicino al gruppo e si rese conto che stavano picchiando il ragazzino che era caduto a terra e si stava abbracciando per proteggersi da quei colpi che  arrivavano da tutte le parti.
Ragazzi sui 12/13 anni, adolescenti, un branco di lupacchiotti in cerca di emozioni forti, bulli o biglie lanciati verso la vita, senza regole o paura, l'essere in tanti faceva la loro forza.
Nadia ne prese uno per il braccio alzato per colpire e lo strattonò gridando un basta forte forte.
Come per incanto ci fu silenzio, la sorpresa fu totale!
Occhi cattivi e disincantati la fissarono e per un attimo lei ne ebbe paura, poi fu solo un fuggi fuggi, solo il ragazzino a terra continuava a singhiozzare.
Nadia sentiva quel dolore e non vedeva più il ragazzo ma Danilo, un suo collega che un branco di lupi adulti aveva distrutto.
Danilo che si lavava i piedi in continuazione, Danilo che alla fine era finito in psichiatria,  non era un ragazzino ma un uomo di 45 anni con una famiglia normale e con un lavoro quasi invidiabile.
Un lavoro svolto in ospedale, posto pieno di sofferenze ma dove si nascondono tanti lupi in cerca di prede solo per soddisfare il bisogno di divertirsi, di emergere da giorni sempre uguali.
Tutto iniziò in mensa con una frase banalissima, quando entrò Danilo quella sera (la sera pochi andavano in mensa) qualcuno disse : ma che puzza di piedi...
Tutto qui, una frase buttata li e lasciata li come a riposarsi.
Solo che quando Danilo entrava in una stanza era la solita frase che  sentiva dire, "ma che puzza di piedi", mai rivolta direttamente a lui ma il dubbio ormai si era fatto strada dentro lui.
Danilo che iniziava a lavarsi i piedi in continuazione, che chiedeva a chi riteneva suo amico se i suoi piedi puzzazzero.
E nei reparti lo scherzo trovava sempre più seguaci, ormai non c'era posto dove Danilo poteva andare senza essere seguito da quella odiata domanda.
A casa  era un inferno, anche la moglie che lavorava in ospedale era disperata e cercava aiuto,  Danilo accusava lei di non sapere fare il bucato, si lavava le calze lui stesso con i saponi più declamati dalla pubblicità, ma ormai  i suoi piedi ammorbavano il mondo.
Lo "scherzo" andava avanti da mesi quando Danilo crollò, la disperazione non più arginata e sfociata in una sera di violenza verso se stesso e la sua famiglia.
Un correre di autombulanze e di "amici", un TSO fatto per proteggerlo da se stesso.
Quasi un mese passato in psichiatria e poi fiumi di  psicofarmaci e Danilo sempre a lavarsi i piedi fino ad avere piaghe da strofinamento.
Tutto questo dolore perchè?
A distanza di anni Nadia se lo chiede ancora mentre aiuta il ragazzino a togliersi la terra dai vestiti, lo guarda e istintivamente lo abbraccia.
Lei sola sa che quell'abbraccio è per Danilo, è un condividere il dolore di tutti i Danilo che subiranno violenze psicologiche da lupi mascherati da uomini.
Il ragazzino si lascia abbracciare e Nadia cerca di tamponare con la mano le lacrime che solcano il viso segnato da graffi ma che sotto le sue dita si apre al sorriso, ecco pensa, questo è un regalo splendido!