
Nel mio cuore, mescolato tra ricordi di animali che hanno condiviso un tratto di cammino con me e la mia famiglia c’è il ricordo di una “gazza ladra”, chiamata Checco, ora vi racconterò questa simpatica storia sicura di trovare in voi degli ascoltatori attenti e partecipi.
Dove abito non ci sono gazze, per vederle bisogna spostarsi nel mantovano, nella piatta pianura padana, io vivo tra le colline moreniche che fanno da sfondo al lago di Garda da una parte, dall’altra la città di Brescia, con vista sul monte di casa la Maddalena.
Ho scoperto questi meravigliosi volatili andando al mare, percorrendo l’autostrada se ne vedono tantissimi e sui pioppi penzolano i loro inconfondibili nidi.
La storia inizia al mare, per l’esattezza a Castiglione della Pescaia, quell’anno eravamo col carrello tenda, ricordo che siamo arrivati al campeggio Etruria, a mezzogiorno, c’era un assordante concerto di cicale, (a noi sconosciute) già preoccupati pensando alla notte abbiamo montato il carrello.
Va detto (a sentire gli abitanti) che a Castiglione non piove mai, sarà vero, ma quell’estate i temporali ci volevano bene…. e di notte spesso e volentieri era tutto un tuono, fulmini e scrosci d’acqua.
Il campeggio sorgeva nella pineta maremmana, sui pini sopra le nostre teste c’erano i nidi delle molte gazze che vivevano e mangiavano (si può dire) con noi, era uno spasso buttare loro dei pezzettini di cibo, sembrava che ci ringraziassero con la loro testolina ballando attorno a noi.
Una notte tra pioggia e tuoni sentiamo i disperati urli di gazze e miagolii altrettanto furiosi dei gatti che vivevano in campeggio, Dario ed io ci catapultiamo fuori e proprio sotto la “camera” vediamo un cucciolo di gazza che cerca di farsi il più grosso possibile per spaventare il gattone che incombe su di lui.
Naturalmente scacciamo l’infuriato felino, cercando di prendere con delicatezza il terrorizzato piccolo, accorgendoci così che ha una zampina rotta.
La mattina cerchiamo la mamma gazza, ma invano, mio figlio è “sicuro” che sia finita tra gli artigli del gatto, dunque il piccolo è nostro!
Giriamo tutta Castiglione per cercare informazioni per poterlo curare, ma la risposta è che “ci sono tante gazze”….
Compriamo una gabbia per metterlo al sicuro dai gatti, poi con delicatezza mio marito ed io gli “stecchiamo” la zampa rotta con il legno di un gelato, il trauma subito sembra passare col cibo che ingurgita in continuazione.
Passano i giorni, della mamma neanche l’ombra, ormai per noi è di famiglia, gli abbiamo trovato anche il nome Checco ….. lasciarlo è impossibile!!!!
Così finite le ferie, si parte verso casa con Checco a seguito, la zampa sembra saldarsi bene, inizia a saltellare tutto contento “sentendo” che il pericolo dell’abbandono è svanito.
Tornati a casa, c’è il solito tran tran, il lavoro, la casa e …. Checco, mio marito gli ha costruito una gabbia enorme che mettiamo in terrazza, è il punto di ritrovo preferito di tutti i bambini della via, tutti gli vogliono bene, tutti lo vogliono vedere.
Passa l’autunno e pure l’inverno, è primavera e Checco è bello come il sole, l’unica cosa è che lui si strappa le piume della coda, fa ridere, tutto bello e senza la coda ….
Lo porto giù in giardino, lo lasciamo libero cercando di fargli capire che DEVE imparare a volare, lo incitiamo, lo blandiamo con paroline dolci come fosse un bambino capriccioso, ma lui niente,
come un pollo mi segue zoppicando, sembra dirmi che lui sta bene dov’è, non se ne vuole andare, lo guardiamo sconsolati non riusciamo a fargli capire che lui è una gazza, che deve volare, lo riportiamo a casa e lo vediamo felice nella sua “prigione”, gli lasciamo la porta della gabbia aperta ma lui va e viene sempre saltellando.
Che fare??? Ora è giusto che ritorni a essere un uccello, che impari a volare e a vivere da gazza.
Ne parlo sul lavoro, una mia collega mi dice che suo cognato è un appassionato di pappagalli e volatili di varie specie, abita sulle colline con vista lago, ama i suoi uccelli e li lascia liberi di volare nel grande parco che circonda la sua villa.
La soluzione sembra ottimale, Checco vivrà in semilibertà, certo separarci da lui è un dolore, ma anche mio figlio capisce che per il nostro amico è l’ideale.
Con tristezza salutiamo il nostro Checco, con la promessa di andare a trovarlo, la mia amica mi rassicura che avrò sempre sue notizie tramite lei.
Passano i mesi e a Checco lasciato libero di scorazzare dove vuole, è cresciuta una splendida coda, riesce a fare dei piccoli voli tornando sempre a “casa”, è una gazza felice, seguendo i suoi progressi ci sentiamo tutti contenti per lui, sicuri di aver fatto la scelta giusta.
Ma una mattina, appena arrivata in ospedale, mi vedo venire incontro Mariella che mi abbraccia scoppiando in lacrime, spaventata, penso ….. non so cosa penso so solo che il mio Checco non c’è più.
Il cognato di Mariella era andato a Milano, per sicurezza aveva rinchiuso Checco nella gabbia, indovinate quello stupido uccello che cosa ha fatto????
Annoiandosi si è strappato tutte le piume della coda, quando è stato “liberato”, ha ripreso a fare come il solito i suoi piccoli voli.
Ma senza coda è un problema volare, lui era abituato a sorvolare la piscina per il lungo, ed è proprio nell’acqua che è stato trovato …..morto.
Ecco questa è una “storia” che fa parte di me, un amico che mi è rimasto “dentro”,
un amico che quando mi vedeva saltellava come un pollo, mi veniva incontro felice dicendomi con una voce gracchiante : “ ciao come stai?”.