Piove, una pioggia insistente e triste.
Guardo la pianta del caco, è senza foglie, solo i suoi frutti pendono spaccati a metà gocciolanti di questa pioggia.

Penso che in montagna sarà tutta neve, sorrido, amo moltissimo la neve.
Inverni lunghi, affossati e protetti da un manto bianco, coperta che a noi bambini era amica e compagna di giochi.
Ricordo che l'attesa iniziava già a metà novembre, gli occhi puntati verso il cielo, speranzosi nelle nuvole grigie che scorrevano lente sopra le cime.
Si andava a dormire con un desiderio che era uguale a tutti i bimbi del paese, neve, tanta neve!
Dormivo in una stanzetta senza riscaldamento al secondo piano, a riscaldare la casa solo una stufa in cucina su cui si faceva da mangiare, la sera si mettevano dei ciocchi di larice per poi ritrovarne le braci la mattina dopo.
Si andava a dormire con un freddo pazzesco, a scaldare le lenzuola solo il famoso scaldino di rame riempito con le braci, si dormiva sotto trapunte di lana e lo svegliarsi la mattina era sempre un dramma!

Ricordo quei risvegli, la finestra senza scuri, i ghirigori sui vetri, mille disegni fatti dal ghiaccio, il respiro che sembrava fumo e poi quel silenzio, strano, attutito eppure così forte.
Chi dice che la neve non fa rumore?
é l'assenza di rumore, è quel silenzio che percepisci come grida che ti da la certezza che lei è arrivata!
Allora ti alzi ignorando il freddo e ti catapulti giù, vuoi vedere quanta neve c'è.
Ogni volta lo stupore era tanto, un paesaggio nuovo, tutto nato in una notte, era un mondo incantato e sarebbe toccato a te viverlo ed adattarlo ai tuoi desideri.
Il paese cadeva in letargo, solo noi bimbi come folletti incuranti del freddo correvamo per le stradine dove la neve veniva spalata per lasciare un passaggio verso la chiesa.
Gli slittini venivano recuperati dai solai, si lucidavano gli acciai per farli filare di più, erano slittini artigianali, stranissimi, fatti con il legno dei larici rossi, due pezzi attaccati un all'altro con una vite.
Il pezzo più lungo era il "corpo" poi quello chiamato "guido" praticamente il timone, e incollati a questi dei lunghi pattini in legno ricoperti di acciaio,
mamma come filavano, e che capitomboli, per fermarsi ci si doveva buttare nella neve fresca.
E le nostre sere erano tutte da inventare, le mamme che come nelle storie lavoravano a maglia ora in una casa ora in un'altra, e noi diavoletti a fare giochi su giochi, salvo poi irrompere in casa solo per scaldare le mani paonazze e lasciare sull'assito del pavimento scie di neve che piano piano si scioglieva.