lunedì 10 marzo 2008

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La fonte più ricca sulla caccia alle streghe in Valle Camonica sono i Diarii del veneziano Marin Senudo, che riporta vicende accadute tra il 1496 ed il 1536. Alla fine del XV secolo si parla dell’esistenza di una setta diabolica ad Edolo, dove nel 1510 fu innalzato uno dei primi roghi di streghe, accusate di aver arrecato siccità con i loro incantamenti. In Valle, nel solo mese di luglio del 1518, furono arsi vivi sessanta donne e venti uomini, i beni incamerati nei benefici ecclesiastici. Ancora nel 1690, una donna, accusata di stregoneria, muore in prigione a Breno. Di questo mondo rimase traccia nelle antiche leggende.


Tra Cevo e Saviore, al Bàit dei Sànch (Fienile dei Santi), di notte si sente la Dòna del zöck, la Signora del gioco, residuo di antiche divinità pagane, forse una volgarizzazione di Erodiade o Diana; tale entità è citata nel Canon Episcopi, apportatrice di danni e paure. Secondo la leggenda saviorese, in questo fienile ridde di demoni d’ogni sorta intessevano danze sabbatiche: talvolta i giovani del paese venivano invitati a festeggiare da avvenenti creature, che rivelavano poi la loro natura, mostrando ripugnanti piedi di capra. Chi osasse avvicinarsi vedrebbe “un lume in basso quando si trova in alto, in alto quando si trova in basso”. Quando la Dòna del zöck giungeva nei pressi di baite isolate, faceva impazzire gli animali, graffiava porte e finestre, lasciava i prati ricoperti d’escrementi; si potevano vedere i segni della stregoneria sugli animali (come i crini intrecciati dei cavalli) che di lì a poco sarebbero morti. Sopra Cargiöla, a Saviore, c’è un fienile che riporta diverse date del 1700, iniziali e numerosissime croci, intagliate nel portone di legno, con l’intento apotropaico di far divergere il male da quel luogo.


A Cevo si parla delle Strìe de l’Andròla, che avrebbero dimorato nelle antiche miniere di rame lì presenti, il cui accesso era custodito da un serpente che sulla coda recava un anello d’oro; celebravano il sabba infernale durante i temporali. E’ probabile che anche le streghe valsavioresi, viaggiando a bordo di capre, gatti e quant’altro, si unissero ai “barilotti” che avevano luogo al Tonale, deputato al ritrovo dei demoni di Valle Camonica, Valtellina e Val Seriana, anticamente dedicato al culto della divinità pagana Tonante Pennino. Sopra una roccia chiamata Preda del Gal furono apposte dodici croci ed una figura circolare: in tutta la Valle Camonica si riscontrano croci di cristianizzazione, realizzate con l’intento di risacralizzare luoghi precedentemente dedicati al culto di divinità preesistenti.


Con l’epiteto Caterina de Bèrs si indicava una persona che aveva le visioni per la fame, perché questa donna sosteneva di essersi cibata, per dodici anni, della sola ostia consacra. Venerata come santa dai compaesani, Caterina, della famiglia Rossi di Poschiavo, ogni giorno vede demoni che la distolgono dalle sue orazioni; comunica direttamente con Gesù Bambino, la Madonna e San Francesco; dopo la comunione entra in estasi. Il Vescovo di Brescia esamina il caso ma non gli attribuisce rilevanza; il parroco allora le vieta la comunione. Fu condannata a 10 anni di prigione nel 1642, per affettata santità,: le accuse riguardano atti di insofferenza verso le autorità e violazioni alle regole della Chiesa. Un testimone la accusò di appartenere ad una società di streghe ed il tribunale inquisitorio notò che aveva segnati sulle spalle i caratteri J,V,K,M, spariti però il giorno dopo. Anche il frate cappuccino Fulgenzio da Cevo aveva le visioni come Caterina, tanto che ogni mattina era destato dalla Vergine degli Angeli, la quale ebbe il merito di salvarlo da una caduta dall’alto di una chiesa. Nonostante le corrispondenze soprannaturali, non seguì lo stesso destino di Caterina.

1 commento:

  1. fantastico Cesy, racconta, racconta ancora!!


    tante tante storie di streghe!! tutte quelle che sai!!

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